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L'America vera, nelle parole di un Presidente americano.
by mazzetta Wednesday, Jul. 28, 2004 at 5:18 PM mail:

Quando parla un presidente:

Due notti fa, alla convenzione dei Democratici americani, ha fatto il suo discorso l’ex-presidente Jimmy Carter.
L’ex-presidente, che ebbe il suo mandato tra Ford e Reagan, ha detto cose importanti, con la forza di chi sa di poter contare su un giudizio sereno e non può temere altro che lo scorrere del tempo.
Carter è forse l’ex-presidente più attivo politicamente tra quanti lo hanno preceduto e seguito nella carica.
Jimmy Carter da quando ha lasciato la casa Bianca ha intrapreso un lungo viaggio per il mondo, che dura ancora adesso oltre il suo ottantesimo compleanno. Carter è stato ovunque nel mondo ci fossero problemi, portando aiuto, ma soprattutto mediando le situazioni di crisi dimenticate dai media, è da allora uno dei più impegnati “uomini di pace” del panorama internazionale.

Al suo ingresso, annunciato da un blob di immagini che lo mostravano durante il suo peregrinare in giro per il mondo, è stato travolto dagli applausi, tanto da fargli dire:
“Grazie, il mio nome è Jimmy Carter, e non sono io il candidato alla presidenza!”.

Un entusiasmo genuino, il tributo ad uno dei pilastri morali del partito e della nazione.
Entusiasmo che egli stesso ha provveduto a raffreddare, gettando la cruda realtà americana in mezzo ai presenti, fino a smorzarne l’entusiasmo automatico tipico di questi contesti.
Una salutare coltellata al ventre dell’american dream, peccato che come al solito se ne siano accorti in pochi.

Carter ha speso parole pesanti, ha paragonato il senso di responsabilità di 2 presidenti sotto i quali servì in marina, Truman ed Eisenhower, nei quali egli ha detto di aver sempre riposto fiducia; con la mancanza di responsabilità verso il paese di Bush: “…..eravamo anche sicuri che non ci avrebbero mai mentito su questioni riguardanti la sicurezza nazionale”.

Carter ha mostrato una visione lucida delle ultime politiche americane, visione che spesso manca a chi di professione dovrebbe spiegare al “pubblico” dove stia andando il mondo.
Nel nostro paese le parole di Carter non hanno trovato spazio sui media, perciò ho cercato di tradurre i passi più significativi, togliendo solo i richiami a votare John Kerry ed Edwards che hanno inframezzato il veloce discorso dell’ex presidente.

Ecco l’America di Jimmy Carter, non certo un comunista, non certo accecato dall’antiamericanismo:
“Come sapete il nostro paese ha grandi sfide da affrontare al suo interno, in relazione ai problemi dell’energia, delle tasse, dell’ambiente, dell’educazione e della salute:
Per affrontare questi problemi abbiamo bisogno di nuovi leader a Washington, le politiche dei quali siano suggerite dalle famiglie dei lavoratori americani, e non dai super-ricchi e dalle loro legioni di lobbysti a Washington”…….…

Ha poi aggiunto che oggi l’America deve restaurare la sua grandezza dicendo la verità, cercando la pace, rispettando i diritti civili in patria e quelli umani all’estero:
“ La verità è il fondamento della nostra leadership globale, ma la nostra credibilità è stata gettata, e siamo rimasti sempre più isolati e vulnerabili in un mondo ostile. Senza verità, senza fiducia, l’America non può fiorire. La fiducia è il fondamento della democrazia, il sacro legame tra il Presidente ed il popolo. Quando questa fiducia viene violata, gli impegni reciproci che tengo insieme la nostra repubblica si indeboliscono.
Dopo il 9/11 l’America era orgogliosa, ferita, ma determinata. Un attacco vigliacco a civili innocenti ci aveva portato un livello di cooperazione e comprensione internazionale senza precedenti.
Ma, dopo solo 34 mesi abbiamo visto, con grande disappunto, come tutta questa positività sia stata cancellata da una serie virtualmente ininterrotta di errori e calcoli sbagliati.
Atti e richieste unilaterali hanno isolato gli Stati Uniti da gran parte dei paesi che avevamo bisogno si unissero nella lotta al terrorismo..
Non dimentichiamo che i sovietici persero la Guerra fredda perché gli americani combinarono l’esercizio del potere aderendo ai principi basati sul sostegno bipartisan. Noi capimmo il nesso positivo tra la promozione dei diritti umani e la difesa della nostra libertà. Ma, le politiche recenti sono costate alla nazione la nostra reputazione di più ammirati campioni della libertà e della giustizia.
Questi pochi mesi di estremismo hanno fatto una grande differenza. Gli Stati Uniti si sono alienati i propri alleati, hanno dispiaciuto i propri amici, ed inavvertitamente gratificato i propri nemici proclamando una confusa e fastidiosa strategia di guerra preventiva” ……

“……Questi sono alcuni dei prezzi che il nostro governo ha pagato con il suo radicale allontanarsi dai basilari principi e valori americani . Ripudiando gli estremismi, dobbiamo riabbracciare alcuni principi di senso comune che trascendano le differenze partigiane.
-Primo: Non possiamo costruire la nostra sicurezza se gettiamo nel disastro ciò che ci è più prezioso: la centralità dei diritti umani nella nostra vita di tutti i giorni e nelle nostre relazioni globali.
-Secondo: non possiamo mantenere la nostra storica autostima se generiamo panico nelle opinioni pubbliche.
-Terzo: non possiamo compiere il nostro dovere di cittadini e patrioti, se seguiamo un programma che polarizza e divide il paese.
Poi: non possiamo essere onesti con noi stessi, se inganniamo gli altri.
E infine: non possiamo guidare gli altri paesi, se i nostri leader ci guidano disonestamente.

Non puoi essere un presidente di guerra un giorno, e dichiararti presidente di pace il giorno dopo, a seconda degli ultimi sondaggi politici…….
………….alla fine il punto della questione è se l’America fornirà una leadership globale che nasce dall’unità e dall’integrità del popolo americano, o se le dottrine estremiste, la manipolazione della verità definiranno il ruolo dell’America nel mondo.”


- Fondamentalismo;
questo è il pericolo che aggredisce il nostro pianeta in questo periodo storico.
Fondamentalismi religiosi: islamici, cristiani, hindu, ebraici, non ne manca uno.
Ad essi va aggiunto il”fondamentalismo del mercato”, cancro della finanza, pronto a sfruttare gli altri fondamentalismi a proprio vantaggio.
Fondamentalismo politico: “o sei con me o contro di me”, ove non esistono più avversari, ma solo nemici da sterminare ed umiliare, nel quale la morte dell’avversario è il fine ultimo, a dispetto degli interessi delle persone e delle comunità.



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bravo mazzetta
by messina Wednesday, Jul. 28, 2004 at 5:31 PM mail:

ebbravo mazzetta!!

bel titolo e bell'articolo! se continui così un giorno ti chiameremo....e verrai nominato!

bravo, senza scherzi.

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l'america e' fatta cosi'
by santerre Wednesday, Jul. 28, 2004 at 7:47 PM mail:

sono finito per non credere nemmeno a carter, tutta campagna elettorale, grandi belle parole e la sostanza rimane, jene assetate di soldi e potere

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palle
by Pentothal Wednesday, Jul. 28, 2004 at 9:23 PM mail:

allora.... parliamo di Roosvelt e le puttanate che ha raccontato al popolo americano su Pearl Harbour... non vedo grandi differenze con quello che ha fatto Bush 50 anni dopo... ne con quello che hanno fatto tutti i presidenti USA dal dopoguerra ad oggi.
Se governi uno stato con un'economia costruita come e' costruita quella degli USA e con la partecipazione politica che hanno,non vedo grandi possibilità d cambiamento... forse se iniziassero a far votare la gente e non a farla stare a casa... forse se informassero la gente e non la circuissero quotidianamente... forse se investissero nella crescita culturale del loro popolo e non nella sua riduzione in schiavitù (ignoranza=schiavitù, per come la vedo io)...
magari in un'altra vita.... o magari potrebbero fare l'errore di schiacciare troppo l'acceleratore o magari ancora qualcuno potrebbe avere la brillante idea di usare i loro media contro di loro... avete presente "Essi Vivono" di Carpenter? ecco...

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intanto Riotta............
by borlotti Wednesday, Jul. 28, 2004 at 10:53 PM mail:


Coglie l'occasione per fare questo :
dal Corriere di oggi, ormai ridotto al gossip
p.s. daje mazzè
Teresa Heinz Kerry

Boston- Maria Teresa Thierstein Simoes-Ferreira considerava i democratici “una macchina putrida” e il senatore Ted Kennedy “un perfetto bastardo, uno di quei politici cattolici che non divorziano dalla moglie per non rovinarsi la reputazione”. Fedele alle sue opinioni, registrate dal Boston Herald American nel 1976, Maria Teresa è rimasta iscritta tra gli elettori repubblicani fino all’anno scorso.
Ieri notte però, Teresa Heinz Kerry, nata in Mozambico nel 1938, poliglotta, vedova di un senatore repubblicano e ora moglie dello sfidante democratico di George W. Bush, John Kerry, è stata incaricata di mobilitare la Convenzione del “partito putrido” dividendo la scena con il “perfetto bastardo”, Ted Kennedy. Se vi sembra una stranezza, benvenuti nel mondo di Teresa Heinz Kerry, patrimonio personale di un miliardo di euro, cinque case, jet privato, Lo Scoiattolo Volante. La First Lady che Kerry porterebbe con sé alla Casa Bianca dice sempre, nel curioso accento che l’Africa le ha lasciato, “mio marito”, ma intende il primo, senatore John Heinz, repubblicano moderato erede della fortuna Heinz, la salsa ketchup le cui bottigliette rotonde decorano ogni cucina americana. Lo incontrò nel 1966 a Ginevra, dove studiava lingue. Ebbero tre figli, ma nel 1991 un incidente aereo la lasciò vedova, miliardaria e a capo della Fondazione benefica Heinz.
Il marito attuale, più giovane, è per Teresa invece “John Kerry” e l’unica volta che provò a baciarla dopo un comizio, lei fece una smorfia, ripresa da tutte le telecamere “Mi hai stretto troppo!”. Lei sembra ignorare il problema, ha redatto i quindici minuti del discorso di pugno, li ha passati al marito, ogni attacco diretto al presidente avversario è, per tradizione, vietato alle First Lady o aspiranti tali. Teresa ha già violato il comandamento, accusando George W. Bush per le sue politiche sociali, e meritandosi così un Teresa Fan Club che ieri spiegava le bandiere nel catino di cemento del FleetCenter. Ai comizi apre dicendo “Io sono un’afroamericana” per le origini in Mozambico. Il padre, portoghese, s’era trasferito nella colonia di Lisbona, oggi indipendente, come primo oncologo del paese. Teresa ha studiato in Sud Africa, partecipando ai primi, timidi, cortei contro il razzismo e l’apartheid e poi è andata in Svizzera, “dove ho imparato a vivere con poco, in collegio avevo solo 250 dollari al mese da spendere, e talvolta compravo delle rose invece di una bistecca”. Studia lingue, parla francese, inglese, portoghese, spagnolo e italiano, e il suo inglese ha un accento curioso, con tutte le dentali ammorbidite. A Ginevra incontra John Heinz, lo sposa e diventa la tipica moglie di un ricco senatore. Tre figli, John, 37 anni, André, 34 e Cristopher, 31.
Dopo Hillary Clinton, moglie e politica, Laura Bush, moglie angelo del focolare, Teresa Heinz Kerry dice “lasciate che io sia me stessa”. In Pennsylvania la sua Fondazione ha fatto tanta beneficenza, che qualcuno parla di “Madre Teresa Heinz”. Da pochi mesi Teresa Heinz, in politica Kerry, s’è registrata con la “putrida macchina democratica” e alleata con “il perfetto bastardo Ted Kennedy”. Se i democratici perdono a novembre, tornerà alle scarpe Chanel, alle seggiovie di Sun Valley e alla carità. Se vincono Teresa, la prima “afroamericana” alla Casa Bianca, ne combinerà tante, schermandosi poi dietro il sorriso, la ciocca di capelli ramati e l’accento “Preoccuparmi? Perché mai?”.

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roosvelt e bush?? ma mi facci il piacere
by roosvelt da lassu Thursday, Jul. 29, 2004 at 3:44 PM mail:

paragonare roosvelt a bush è come dire che la panna e la merda hanno lo stesso sapore.
A parte perl harbour che rimane un ipotesi tutta da dimodstrare , roosvelt ha salvato l'america e milioni di americani dalla grande depressione e dalla povertà ,con il new deal ha introdotto misure coraggiose capaci di mettere all'angolo banchieri strozzini e feroci speculatori che avevano portato gli usa alla bancarotta,ha introdotto misure di protezione sociale impensabili allora , e a fine guerra ha contribuito in maniera determinante a creare l'onu costringendo l'imperialista churchill e il baffone a concedere l'indipendenza a tutti i paesi ancora sotto il dominio coloniale di questi ultimi , ha contribuito in maniera sostanziale alla ricostruzione e lo sviluppo economico europeo con il piano marshall gli accordi di bretton woods .
peccato che alla sua morte abbiano cominciato a smontare pezzo per pezzo tutto ciò che aveva costruito.


Semmai io paragonerei il periodo storico attulae al 29 americano....

se così fosse prega di trovare un altro roosvelt che rimetta a posto le cose , perchè se dovesse essere un bush a farlo ti posso garantire che la differenza la potrai sperimentatre sulla tua pelle .

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ehm.....roosvelt...
by mazzetta Monday, Aug. 23, 2004 at 7:00 PM mail:

esistono 2 roosvelt :)

uno Theodore, il primo, che è quello piu' simpatico, un altro invece è Franklin Delano Roosvelt, parente solo alla lontana, decisamente di un altra caratura, che fu presidente durante la seconda guerra mondiale

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politica energetica
by . Sunday, Jul. 10, 2005 at 11:35 PM mail:

Questa sera voglio parlarvi di una questione sgradevole, in relazione ad un problema inedito nella nostra storia.
Con l'eccezione di prevenire le guerre (*), questa è la sfida più grande che il nostro paese dovrà affrontare il tempo delle nostre vite. Le crisi energetiche non ci hanno ancora sopraffatto, ma le faranno se non agiremo rapidamente.

E' un problema che non risolveremo nei prossimi anni, e probabilmente è destinato a peggiorare progressivamente per il resto del secolo.

Non dobbiamo essere egoisti, o timorosi se vogliamo sperare di avere un mondo decente per i nostri figli e nipoti.
Dobbiamo semplicemente bilanciare la nostra domanda d'energia con le nostre risorse in via d'esaurimento. Agendo ora possiamo controllare il nostro futuro, invece di lasciare che il futuro ci controlli.

Tra due giorni, presenterò la mia proposta per l'energia al Congresso. I membri del quale, saranno miei collaboratori, avendomi dato molti validi consigli. Molte di queste proposte saranno impopolari. Alcune vi causeranno inconvenienti o di fare sacrifici.

La cosa più importante, in queste proposte, è che l'alternativa potrebbe essere una catastrofe nazionale. Ogni rinvio può influire sulla nostra forza e potenza come nazione.

La nostra decisione sull'energia proverà il carattere del popolo americano e l'abilità del Presidente e del Congresso nel governo. Il difficile sforzo sarà "l'equivalente morale di una guerra", con la differenza che uniremo i nostri sforzi per costruire e non per distruggere.

So che qualcuno di voi può dubitare della reale carenza d’energia. Le file ai distributori del 1973 sono sparite, e le nostre case sono di nuovo calde. Ma, i nostro problemi energetici sono peggiori stasera di quanto non fossero nel 1973, o nel profondo inverno di qualche settimana fa. E' peggiore perché abbiamo consumato di più, ed è passato più tempi senza pianificare il futuro. Sarà sempre peggio per ogni giorno nel quale non agiremo.

Il petrolio e il gas naturale sui quali ci affidiamo per il 75% della nostra energia stanno finendo. Nonostante i maggiori sforzi la produzione nazionale è calata al ritmo inarrestabile del 6% l’anno. Le importazioni sono raddoppiate negli ultimi cinque anni. L'indipendenza nell'azione politica ed economica del nostro paese e sempre più condizionata.
Se non saranno fatti profondi cambiamenti per diminuire la domanda interna di petrolio, crediamo che nei primi anni ottanta il mondo chiederà più petrolio di quanto se ne produca.

Il mondo usa ora sessanta milioni di barili il giorno e la domanda cresce ogni anno di circa il 5%. Questo significa che solo per stare in pareggio abbiamo bisogno della produzione di un nuovo Texas ogni anno, di un Alaskan North Slope ogni nove mesi, o una nuova Arabia Saudita ogni tre anni. Chiaramente, questo non può continuare.

Dobbiamo volgerci indietro nella storia per capire il nostro problema energetico. Due volte nelle ultime centinaia d’anni c'è stata una transizione nel modo nel quale la gente ha usato l'energia.

La prima fu circa 200 anni fa, abbandonando il legno, che aveva rappresentato il 90% di tutto il carburante, per il carbone, che era più efficiente. Questo cambiamento pose le basi per la Rivoluzione Industriale.

Il secondo cambiamento ha auto luogo in questo secolo, con il crescente uso d’olio e gas naturale. Erano più convenienti e meno cari del carbone, e la scorta sembrava quasi senza limiti.
Resero possibile l'era dell'automobile e dei viaggi aerei. Quasi tutti, tra quelli oggi vivi, sono cresciuti in questa era, e non abbiamo visto niente di diverso.

Dato che stiamo esaurendo il gas e il petrolio, ci dobbiamo preparare velocemente ad un'altro cambio, all'attento risparmio e all'uso di carbone e fonti rinnovabili, come l'energia solare.
Il mondo non ha preparato il futuro. Negli anni 50 la gente usava il doppio del petrolio usato negli anni '40. Nei '60 il doppio che nei '50, e in ognuna di queste decadi è stato usato più petrolio che nel resto della storia umana precedente..

Il consumo sta crescendo ancora. Se sarà possibile mantenerlo in crescita durante gli anni '70 e '80 entro il 5% come nel passato, potremmo esaurire tutte le riserve conosciute entro la fine della prossima decade.

So che molti di voi sospettano che alcune scorte di gas e petrolio possano essere occultate. Potrebbero avere ragione, ma il sospetto verso le compagnie petrolifere non possono cambiare il fatto che il petrolio finirà.

Tutti abbiamo sentito dei grandi campi dell'Alaska's North Slope. In pochi anni quando North Slope starà producendo a pieno ritmo, coprirà al massimo l'aumento in due anni della nostra domanda energetica.
Ogni nuovo inventario delle riserve mondiali è stato peggiore del precedente. La produzione petrolifera salirà forse per i prossimi sei od otto anni. Ma prima o poi negli anni '80 smetterà di aumentare. La domanda supererà la produzione. Non c'è alcuna possibilità d'errore.

Abbiamo una scelta, su come trascorrere i prossimi anni. Ogni americano usa l'energia equivalente a 60 barili di petrolio l’anno. Il nostro paese è quello con il più alto consumo sulla terra.. Impieghiamo più energia di quanta importiamo. Mantenendo lo stesso standard di vita, usiamo il doppio dell'energia pro capite di paesi come Germania, Giappone e Svezia.

Una scelta è continuare come prima. Possiamo tirare avanti per alcuni anni ancora.

Il nostro consumo crescerebbe ogni anno. Le nostre auto continuerebbero ad essere troppo grandi ed inefficienti. Tre quarti di queste continuerebbero a portare una sola persona, il guidatore, mentre il nostro sistema di trasporto pubblico continuerebbe il declino. Possiamo rimandare l'isolamento delle nostre case e loro continueranno a perdere in sprechi il 50% del loro calore.

Possiamo continuare ad usare olii di scarto e materiale organico per generare elettricità, e continuare a perderne i 2/3 nel processo stesso.

Se non agiamo, nel 1985 useremo il 33% in più dell'energia che usiamo ora.

Non possiamo aumentare sostanzialmente la nostra produzione domestica, perchè dovremo raddoppiare le importazioni rispetto ad oggi. Le forniture diventerebbero incerte. I costi continuerebbero a crescere. Sei anni fa abbiamo pagato 3.7 miliardi di dollari per importare petrolio, L'anno scorso abbiamo speso 37 miliardi, quasi dieci volte di più, e quest'anno spenderemo più di 45 miliardi di $.

Se non agiamo, spenderemo più di 550 miliardi nel 1985, più di 2.500 $ l’anno per ogni uomo, donna e bambino in America. Insieme a quel denaro continueremo a perdere posti di lavoro americani e diventeremo più vulnerabili dalle interruzioni delle forniture.

Ora abbiamo una scelta. Ma se aspettiamo, vivremo la nostra vita nella paura di un embargo. Potremmo mettere in pericolo la nostra libertà come stato sovrano si agire negli affari esteri. entro dieci anni potremmo non essere in grado di importare abbastanza petrolio da nessun paese a nessun prezzo ragionevole.

Se aspettiamo, e non agiamo, allora le nostre fabbriche non saranno in grado di dare lavoro alla nostra gente con ridotte forniture di carburanti. Troppe attività dovrebbero convertirsi al carbone, la nostra fonte d’energia più abbondante.

Non saremo pronti a dotare il nostro sistema di trasporto con auto più piccole ed efficienti, ed una migliore rete d’autobus, treni e trasporto pubblico.

Sentiremo una crescente pressione a saccheggiare l'ambiente. Avremo un programma imponente per costruire impianti nucleari, aprire miniere e bruciare più carbone, esplorare più pozzi off-shore di quanti avremmo bisogno se cominciassimo a risparmiare ora. L'inflazione galopperà, la produzione calerà, la gente perderà il lavoro. Un'intensa competizione si costituirà tra le nazioni e le diverse regioni dentro il nostro stesso paese.

Se non agiamo subito, fronteggeremo una crisi economica, sociale e politica che minaccerà le nostre libere istituzioni..

Ma abbiamo ancora un'altra scelta. Possiamo cominciare a prepararci oggi stesso. Possiamo decidere di agire mentre ancora abbiamo tempo.

Questo è il concetto della politica per l'energia che presenterò mercoledì. Il nostro piano nazionale dell'energia è fondato su dieci principi fondamentali.

Il primo principio è che possiamo avere una politica energetica efficiente e coordinata, solo se il governo ne prende la responsabilità la gente capisce la serietà della sfida, ed è disposta a fare sacrifici.

Il secondo principio è che deve continuare una sana crescita economica. Solo risparmiando energia manterremo i nostri standard di vita e la nostra gente al lavoro. Un vero programma di risparmio creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Il terzo principio è che dobbiamo proteggere l'ambiente. I nostri problemi d’energia hanno la stessa causa dei nostri problemi ambientali, un uso scriteriato delle risorse ambientali. Il risparmio ci aiuta a risolverli entrambi allo stesso tempo.

Il quarto principio è che dobbiamo ridurre la nostra vulnerabilità da embarghi potenzialmente devastanti. Possiamo proteggerci dall'incertezza delle forniture riducendo la nostra domanda di petrolio, impiegando il carbone, la nostra risorsa più abbondante e sviluppando una riserva strategica di petrolio.

Il quinto principio è che dobbiamo essere onesti. Le nostre soluzioni devono chiedere sacrifici uguali ad ogni regione, ad ogni classe di cittadini, ogni gruppo d'interesse. L'industria dovrà fare la sua parte per risparmiare, come faranno i consumatori. I produttori d'energia avranno un trattamento equo, ma non lasceremo approfittare le compagnie petrolifere.

Il sesto principio, e la pietra angolare della nostra politica, è di ridurre la domanda attraverso il risparmio. La nostra enfasi sul risparmio energetico è la differenza evidente tra questo piano e gli altri che incoraggiano semplicemente a fare ogni sforzo produttivo. Il risparmio è la più veloce, più economica e più pratica fonte d'energia. Il risparmio è l'unica maniera che ci permette di comprare un barile di petrolio per pochi dollari. Costa 13$ sprecarlo.

Il settimo principio è che i prezzi dovrebbero in genere riflettere la vera dimensione dei costi dell'energia. Ci prendiamo solamente in giro se rendiamo l'energia artificialmente economica e ne usiamo più di quanto possiamo permettercene.

L'ottavo principio è che le politiche governative devono essere prevedibili e certe. Sia i consumatori che i produttori hanno bisogno di politiche sulle quali possano contare e pianificare. Questa è una delle ragioni per le quali sto lavorando con il Congresso per creare un nuovo Dipartimento dell'Energia, per sostituire più di 50 agenzie che ora hanno qualche controllo sull'energia.

Il non principio è che dobbiamo risparmiare i carburanti più scarsi e utilizzare al massimo quelli più abbondanti. Non possiamo continuare ad usare gas e petrolio per il 75% del nostro consumo, quando ammonta al sette per cento delle nostre riserve domestiche. Dobbiamo cambiare verso il carbone mentre ci prendiamo cura di proteggere l'ambiente, e di applicare i più stretti criteri di sicurezza all'energia nucleare.

Il decimo principio è che dobbiamo cominciare a sviluppare ora, fonti non convenzionali d’energia sulle quali fare affidamento nel prossimo secolo.

Questi dieci principi hanno guidato lo sviluppo della politica che vi descriverò al Congresso mercoledì.

Il nostro piano energetico includerà anche un numero d’obiettivi specifici, per misurare i nostri progressi verso un sistema energetico stabile.

Questi sono gli obiettivi per il 1985:

- Ridurre il tasso di crescita annuale della nostra domanda d'energia sotto il 2%
- Ridurre il consumo di benzina del 10% sotto il livello attuale
- Tagliare della metà la quota d’import petrolifero, da un livello potenziale di 16 milioni di barili a sei il giorno.
- STabilire una riserva strategica di un miliardo di barili, più di sei mesi di rifornimento.
- Aumentare la nostra produzione di carbone di circa i due terzi a più di un miliardo di tonnellate l’anno.
- Isolare il 90% delle case americane e tutti i nuovi edifici.
- Usare l'energia solare in più di due milioni e mezzo di case

Controlleremo i nostri progressi verso questi obiettivi ogni anno. Il nostro piano obbligherà a misure di risparmio più severe se resteremo indietro.

Non posso dirvi che queste misure saranno semplici, e nemmeno che saranno popolari. Ma io penso che la gran parte di voi capirà che una politica che non chiedesse cambiamenti o sacrifici sarebbe inefficace.

Questo piano è necessario per proteggere i nostri posti di lavoro, il nostro ambiente, il nostro standard di vita ed il nostro futuro.

Se questo piano farà la differenza non sarà deciso qui a Washington, ma in ogni città ed in ogni fabbrica, in ogni casa, in ogni autostrada, in ogni fattoria.

Credo possa essere una sfida positiva. C'è qualcosa di molto americano nei cambi che dobbiamo fare. Siamo stati fieri, nella nostra storia, di essere un popolo efficiente.

Siamo stati fieri della nostra leadership nel mondo. Ora abbiamo la chanche di dare ai nostri figli e nipoti un mondo più ricco di possibilità di quello che abbiamo ricevuto. Per loro dobbiamo preoccuparci da ora. Saranno quelli che soffriranno se noi non agiremo.

Vi ho illustrato alcuni dei principi del piano.

Sono sicuro che ciascuno di voi troverà qualcosa che non gli piace, scendendo nello specifico delle proposte. Richiederà sacrifici e cambiamenti nelle nostre vite. In qualche misura, i sacrifici saranno paurosi, ma così è ogni sacrificio degno di significato. Porterà costi più alti per alcuni, e maggiori scomodità per tutti.

Ma i sacrifici saranno graduali, realistici e necessari. Soprattutto, saranno eque. Nessuno guadagnerà vantaggi scorretti da questo piano. A nessuno sarà chiesto di sottoscrivere accordi squilibrati. Controlleremo accuratamente i dati delle compagnie petrolifere e del gas, così conosceremo la loro produzione reale, rifornimenti, riserve e profitti.

I cittadini che continuano a guidare auto grandi, inutilmente potenti, si dovranno aspettare di pagare di più per questo lusso.

Possiamo essere sicuri che particolari gruppi d’interesse nel paese attaccheranno la parte del piano che le interessa direttamente. Diranno che i sacrifici vanno bene, fino a che gli altri li fanno, ma che il loro sacrificio è irragionevole, o iniquo, o che minaccia la nazione. Se riusciranno, l'effetto sul cittadino ordinario, che non è organizzato in un gruppo d'interesse, sarà devastante.

Ci sarà solo un test per questo programma: se riuscirà ad aiutare il paese.

Altre generazioni d’americani hanno affrontato e dominato grandi sfide. Ho fiducia che abbracciando questa sfida renderà le nostre vite più ricche. Se vi unirete a me, così che possiamo lavorare con patriottismo e coraggio, proveremo ancora una volta che la nostra grande nazione può guidare il mondo in un'era di pace, indipendenza e libertà.


Jimmy Carter, "The President's Proposed Energy Policy." 18 April 1977. Vital Speeches of the Day, Vol. XXXXIII, No. 14, May 1, 1977, pp. 418-420.

trad.
mazzetta@reporterassociati.org




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netstrike
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