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Continua imperterrito l'attacco de L'Eco di Bergamo sul corteo antifa di sabato 12.
by info Sunday, Feb. 20, 2005 at 7:58 PM mail:

A più di una settimana di distanza su L'Eco di Bergamo il corteo antifascista di sabato 12 febbraio occupa ancora la prima pagina:

Quando si vuole accontentare tutti

Non si smette mai di scoprirla, questa strana Bergamo. Tutti quanti, in giro per il mondo, si pensava che fosse la terra della mansuetudine, dell'ordine, del rispetto civile. Che dire: mai fidarsi dei luoghi comuni. Nell'ultima settimana s'è appreso che questa è invece la culla delle libertà malintese e dei favoritismi sospetti. Naturalmente mi riferisco alla famosa manifestazione dei giovani arrabbiati, che comunque da parte loro lavorano benissimo, secondo ruolo e copione, esercitando il mestiere – neanche tanto nuovo – della contestazione. Sull'esito del corteo, dunque, poco da aggiungere: nulla di inedito e nulla di imprevisto.
Caso mai, nella vicenda stupisce lo stupore di chi sarebbe chiamato a governare il fenomeno. Questo, più dello spray e degli slogan, è il risvolto realmente inquietante. Meglio fare nomi e cognomi, perché le formule generiche sono parafulmini un po' codardi. Prima di tutto, il sindaco Bruni. Davanti a un pomeriggio che non si può sicuramente definire di guerriglia urbana, ma che comunque ha agitato la città e ha lasciato molti segni di gratuito vandalismo sulle telecamere del Comune, il primo cittadino non trova niente di meglio da dire di questa storica frase, la più immediata dunque la più sincera: «Non giustifico gli attacchi, ma riesco a capire che le telecamere possano rappresentare un obiettivo».
Me la sono ritagliata, me la sono letta e riletta diverse volte. Ogni volta mi è sembrata più tremenda. Che cosa voleva dire, il sindaco? Escluso che la sua fosse solo una constatazione tecnica (effettivamente le videocamere, come le macchine fotografiche, «rappresentano un obiettivo»: qualche volta tele, qualche volta zoom, qualche volta grandangolare), credo piuttosto - e purtroppo - abbia finalmente liberato la sua vera anima di Veltroni orobico, cioè di quel genere di politico che nella vita vuole piacere a tutti, giocando sulla parola buona, sul pat-pat comprensivo, sull'ambiguità ecumenica, sul politically correct. Per mio gusto personale - che restando al dualismo dei diessini starà sempre con la chiarezza, la schiettezza, l'originalità forte dell'«antipatico» D'Alema - l'atteggiamento di Bruni è quanto meno deludente. Un gran brutto segnale. Già si temeva, votandolo, che poi sarebbe andato incontro a una vita d'inferno, dovendo accontentare il mezzo milione di liste alle sue spalle. Ma qui, evidentemente, c'è qualcosa di suo e di esclusivo, qualcosa che segnala un preoccupante deficit di personalità politica.
Il giudizio che si dà di un gesto violento non è di destra o di sinistra. Non è questione di schieramenti e di appartenenze: è il semplice e universale uso della ragione. Certi episodi esigono un no chiaro e netto. Punto. Aprendo ai ma e ai se, si aprono spiragli entro cui certa gente si infila con i caterpillar, trasformandoli in voragini. Con la famosa arte del giustificazionismo, si arriva tranquillamente a concedere qualche attenuante persino al nazismo, al terrorismo, alla pena di morte, all'infibulazione: tutti quelli che li praticano hanno sempre - dal loro punto di vista - qualche ferrea argomentazione. Ma davvero dobbiamo starli a sentire? Cosa vuol dire «riesco a capire che le telecamere possano rappresentare un obiettivo»? Se questa è la sua fermezza, lo avverto in anticipo: presto, io e tanti bergamaschi abituati solitamente a rispettare le regole, ma che malsopportiamo le angherie di certi vigili urbani, potremmo liberare l'antica e repressa pulsione di protestare in modo diretto, che so, staccando le sirene lampeggianti o sfondando qualche fanale delle liberticide auto biancoverdi. Capirebbe ugualmente, il sindaco, che i fanali dei vigili «possano rappresentare un obiettivo»? Lo capirebbe, oppure userebbe due pesi e due misure, dimostrandosi tanto deciso contro chi non strilla mai, quanto comprensivo con chi urla per definizione?
Non è un problema secondario. È centrale. Guai se i bergamaschi percepiscono che a certuni, per ragioni di opportunismo, viene concesso e perdonato tutto, mentre ad altri no. Il sospetto, oltre che da Bruni direttamente, è alimentato dal clima generale di quella giornata: guarda caso, mentre la Questura spiegava come fosse meglio lasciar fare ai ragazzi del centro sociale, per non alimentare violenze peggiori, gli ineffabili ausiliari del traffico compilavano multe per divieto nella zona calda della stazione, dove giustamente la gente non badava a parcheggiare secondo le sacre procedure del tagliandino, più che altro preoccupata di levarsi velocemente dai piedi (leggi la testimonianza diretta del giornalista di questo stesso quotidiano, Paolo Aresi). Cosa dobbiamo pensare: che l'autorità bergamasca sia forte coi deboli e debole coi forti? Siamo sinceri: non è un bel pensare…
Di sicuro, dobbiamo pensare che l'ultima settimana resterà una pagina nerissima di questa amministrazione. Sorvoliamo per pura tenerezza sull'ingenuità dell'assessore-calciatore Fabio Rustico (a proposito, perdonerà l'insistenza: assessore o calciatore?), che va in corteo coi centri sociali e poi scopre - ops - come possano pure scoppiare disordini. Ma dov'è stato fino a trent'anni, a battere corner?
Peggio di lui, molto peggio, è comunque l'assessore all'ecologia Amorino, che ugualmente partecipa alla manifestazione, ma che davanti al polverone politico se ne guarda bene dal dirlo. Lascia che al macello ci vada il buon Rustico. Poi, smascherato pubblicamente qualche giorno dopo, balbetta un pentimento del tipo «pensavo che la manifestazione potesse far crescere un nuovo rapporto con la città». Ma va? Tutto sommato, potrebbe anche evitarsi la giustificazione: dalla manifestazione è effettivamente nato un nuovo rapporto. Fondato sulla diffidenza.
Inutile insistere. Purtroppo, più del sabato d'ordinaria follia, c'è da preoccuparsi di come questa politica ha affrontato l'evento. Sindaco e assessori, cui sarebbero bastate poche parole, chiare e forti, una volta per tutte, da parte offesa e tradita, sono riusciti a presentarsi in pubblico come minimo da indecifrabili signor tentenna, se non da formidabili don Abbondio indecisi a tutto.
Davanti a un panorama tanto imbarazzante, per nulla riabilitato dalle tardive e acrobatiche censure, ecco però spuntare puntuale come una tassa lo scafato dietrologo che spiega a tutti quanti noi, ingenui e beoti, dove stia la vera verità. L'illuminato di turno è il diessino Carlo Crescini, che così liquida la polemica: il caso non esiste, è solo una montatura de «L'Eco», che specula sul sabato di violenze per screditare la sinistra e far votare Formigoni alle prossime elezioni.
Diciamolo: suggestivo. Se non fosse che c'è un difetto di fondo. Caro il mio consigliere Crescini, si metta tranquillo: per rieleggere Formigoni non serve che si scomodi un importante e glorioso giornale. Bastate voi.
Cristiano Catti

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