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Una perfezione manicomiale
by tro Monday, Aug. 12, 2002 at 6:01 PM mail:

.

Gli spazi

Murato dentro lo Spazio Città lo Spazio-Manicomio, e dentro di esso nuovi Spazi: viali, cameroni, soggiorni, gabinetti, gabinetti medici, cucine, uffici, corridoi. Concentriche partizioni che ove troppo vaste annientino e ove troppo anguste incarcerino. Lo Spazio del Manicomio sancisce una frammentazione, nega ogni possibile ricomposizione. Il degente diviene "corpo espropriato", l'istituzione psichiatrica razionalizza l'esclusione operata dalla Psichiatrìa e trasforma il soggetto della sua "cura" in puro ingombro volumetrico, il corpo del degente in suppellettile, assimilabile agli arredi del manicomio; innaturalmente, la malattia ed il suo corso divengono naturali. Il Manicomio è spazio per l'esclusione e quindi esclude da sè ogni luogo perchè nello spazio è consentito il controllo, mentre nel luogo fluisce la vita. Il potere partisce tutto il territorio in spazi: Spazi-Città, Spazi-Fabbrica, Spazi-Famiglia. Spazi-Malattia, Spazi-Follìa, ne indica le regole, ne contrasta le trasgressoni. In una metropoli uno Spazio-Centro degli Affari attraversato da un corteo di bambini che se ne appropri perde, per un attimo, le sue caratteristiche di spazio pre-definito, diventa, per un attimo, luogo definito hic et nunc. Il Manicomio è uno spazio predefinito per racchiudere la follìa e la miseria; è costituito da sottospazi predefiniti per normare la vita al suo interno. Spazio per dormire, spazio per essere curati, spazio per mangiare, spazio per fuggire gli spazi, inventando, ignari oppositori, luoghi miseri e dolorosi di privatezza, di amore, di trasgressione. Si è condotta e si conduce una lotta perchè ogni spazio dentro il Manicomio diventi Luogo e quindi il Manicomio complessivamente divenuto Luogo, sia contraddizione dentro la Città che resta Spazio. Dunque un procedere creando Luoghi, rubando Spazi, sostituendo al controllo la vita, rifiutando di viverla e farla vivere in spazi controllati. Ciò che dobbiamo leggere attraverso le immagini di questi spazi manicomiali, non è solo la sofferenza di chi li abita, ma soprattutto la violenza di chi li ha concepiti; dobbiamo leggere l'asservimento della Psichiatrìa all'ideologìa del controllo sociale, ma anche tutti gli asservimenti di ogni Sapere che più o meno consapevolmente aderisca al progetto evidente o miniaturizzato del controllo.

"L'uomo atomizzato, quindi, quando si guasta viene riparato in uno spazio deputato, definito, e rigorosamente separato dalle altre istituzioni -rinchiuse anch'esse in angusti "spazi",- di cui non capisce i più riposti significati..." Sergio Santiano "B come architettura Z come salute" Bertani 1980

Ciò che leggiamo negli anfratti più squallidi o nelle estensioni più anonime non è solo l'architettura dell'esclusione, ma l'architettura di ogni istituzione e forse, più generalmente di ogni Architettura che, parafrasando Franco Basaglia, non sente e non vede, ma semplicemente offre cattedrali al committente.

La folla

Fra l'universo dei tecnici e l'universo dei poteri dello Stato, fra Stato e Scienza da sempre intercorre una relazione stretta di scambio, un flusso ininterrotto nei due sensi, di idee, ideologìe, ideali, denaro. Da sempre lo Stato è committente alla Scienza, al fine che essa ne interpreti, codifichi e autorevolmente legittimi le complesse necessità di gestione e controllo del reale, degli uomini: in altre parole dell'universo sociale. Da sempre la Scienza e i suoi preti connivono con questa committenza, la rifiutano drammaticamente, la raccolgono supinamente. Galilei o Openheimer esprimono clamorosamente tali conflitti che hanno l'età del mondo e che si esprimono e si sono espressi quotidianamente ad ogni livello, dal più modesto al più qualificato, di questo rapporto. Il corpo sociale è da sempre il soggetto escluso da questo scambio, ma al tempo stesso l'oggetto vittima di esso. Vittima dell'asservimento della Scienza allo Stato, vittima del controllo dello Stato attraverso la Scienza. Uno Stato "scientifico" o una Scienza "statuale" costringono comunque la "folla" ad essere esclusa dall'individuazione dei propri bisogni e desideri, ma totalmente inclusa nel processo e nelle conseguenze della messa in opera da parte dello Stato e della Scienza dei meccanismi di risposta ai bisogni e ai desideri. Negli ultimi vent'anni la storia della Psichiatria e in parte quella della Medicina hanno conosciuto un tentativo di ribaltamento di tale stato di cose. Il corpo sociale ha incominciato ad avere "voce" all'interno dello scambio fra Stato e Scienza. La pressione delle lotte operaie degli anni '70 a proposito della salute in fabbrica, la fioritura relativa della medicina sociale, la pressione del movimento delle donne a proposito del problema della gravidanza e dell'aborto, la pressione del movimento dei tecnici democratici della Psichiatria hanno costituito imprescindibili spinte politiche, ma anche ideali e tecniche che hanno aperto fratture tanto vive quanto salutari nel monolito della scienza e dei suoi addetti, hanno rotto antiche connivenze. Dopo due anni dall'entrata in vigore della nuova legge sulla Psichiatria riappare palese il disegno di riappropriazione da parte dell'apparato statuale e della Psichiatrìa di tutto il patrimonio critico accumulato in questi anni. Di nuovo si tende ad escludere dallo scambio fra Stato e Scienza il corpo sociale, di nuovo le Istituzioni si costituiscono come incontrollabili stati separati. Tutta l'eversiva esperienza di laicizzazione del sapere psichiatrico tende a trasformarsi in psichiatrizzazione delle esperienze laiche. Si perfeziona il disegno di una promozione di tutto il corpo sociale a controllore sociale. Se cerchiamo fra i volti di questa folla uno qualunque e lo espropriamo di ogni storicità, di ogni umanità possiamo tranquillamente inserirlo nella serie delle immagini dei pazzi, etichettarlo come depresso o idiota, fissarlo come altro dagli altri, catturarlo nel congegno brutale o sottile del controllo psichiatrico. E il "noi", autore di questa operazione di esproprio può essere chiunque accetti in cambio di una piccola parte di potere frammentato, di staccarsi dal corpo sociale per appartenere all'universo dei controllori. E' tempo di fare l'inverso: rivisitare le immagini iniziali, restituire storia, umanità, soggettività ad ogni volto, per poterlo, non solo metaforicamente, "ricollocare" di diritto fra i volti di tutti, uno fra gli altri, a cominciare dal nostro, ognuno soggettivamente portatore di sofferenze e contraddizioni, tutti collettivamente attenti a non lasciarsene espropriare.

La scienza lambrosiana

Volti e corpi: immagini tratte dall'archivio delle certezze psichiatriche. Pazzi, delinquenti, idioti, prostitute, esistenze coattivamente devolute a costituire l'Inconfutabile Prova della esistenza scientifica di due universi: quello dei galantuomini e quello dei miserabili.

"Attraverso l'immediatezza del linguaggio di Lombroso emergono i tratti tipologici, i pregiudizi o i giudizi di valori, le categorie morali e gli stereotipi della cultura dominante. Le sue descrizioni ci danno l'immagine vissuta, accettata e non filtrata criticamente del delinquente, del pazzo e della prostituta come personaggi sociali o riproducono fedelmente gli attributi tradizionali dei ruoli sociali (della donna e del bambino ad esempio) dell'Italia fine '800". Ferruccio Giacanelli, introduzione a G. Colombo, "La scienza infelice: il museo di antropologìa criminale di C. Lombroso" Boringhieri 1975

E'l'universo dei galantuomini (le sue forme istituzionali, le sue norme e le sue paure) che si costituisce come committente alla scienza perchè essa spieghi i fenomeni, legittimi le norme, dia dignità alle necessità della classe dominante. La Psichiatria "nei secoli fedele" muta le sue intuizioni e le sue pratiche ogniqualvolta muti il complesso assetto dello Stato e del relativo controllo sociale da parte di esso: questo gli psichiatri non lo sanno, o fanno finta di non saperlo o non lo credono, ma l'intreccio fra i poteri della Scienza e i poteri dello Stato è leggibile rileggendo tutta la storia della Psichiatria. La "convivenza civile" fra salute e malattia, fra norma e devianza, fra criminalità e giustizia impone allo Stato di trovarsi un referente tecnico e così le istituzioni, ove si suppone la scienza eserciti la propria pratica, allargano o restringono l'area del loro intervento curativo, a seconda della richiesta del committente statuale, ora "curando" i lebbrosi, ora i poveri, ora le prostitute, ora i folli, ora i delinquenti. Una faccia, una notazione redatta con lo stile della polizia e con il gergo della scienza: tutto è predisposto per dimostrare la malattia con una "prova" vuota e pertanto inconfutabile; anni di miseria, di solitudine, di esclusione, di emigrazione vengono contenuti nella astrattezza senza storia della fotografia (iconografia della diagnosi e corrispettivo progredito della craniometria) cosicchè sia negata ogni individuale connessione con le vicende e i lughi, cosicchè al tempo stesso e all'opposto sia affermata una tranquillizzante privatezza di ogni sofferenza, inclusa dentro il cervello ammalato, reclusa dentro l'istituzione antica o moderna. Ogni pazzo, ogni sua fotografia sono tanto illuminanti per giustificarne l'internamento e la cura, tanto oscuri da non potere illustrare una singola storia di uomo. Tutto ciò che è intrico doloroso di private vicende è riassunto in poche chiare parole vuote, tutto ciò che è sviluppo drammatico di collettive sorti, socialmente e politicamente determinato, è frammento nella unicità del "caso clinico": in Psichiatria ciò che è collettivo diviene privato e cio che è intimo e individuale diviene pubblica e anonima generalizzazione.

La vita quotidiana

Dormire, mangiare, amare, camminare, parlare con gli amici, lavorare; tutto ciò è la nostra vita quotidiana, la grandiosa banalità del vivere. Una quotidianità che non ha legittimità in Manicomio ove il dormire è regolato dagli orari dell'Istituzione e il non dormire una intollerabile iniziativa; l'amare è proibito o cupamente tollerato; il mangiare è soprattutto venire nutriti attraverso un rito carcerario; il parlare con gli amici un lusso ignoto ai più e lavorare un diritto dismesso o un dovere tradito. Per ognuna di queste "banalità" c'è uno spazio e un tempo, c'è una regola, cosicchè della vita quotidiana resta la quotidianità atemporale dei riti, ma della vita non c'è più l'ombra. E l'uomo, anzi il degente, anzi il paziente ha perduto la banalità del quotidiano di tutti, per essere schiacciato fra l'anonimato dei porci e la falsa soggettivazione del "caso clinico". E a superare questo interdetto alla banalità del vivere non basta la riproduzione in cartapesta della vita: ergoterapìa, cioè lo sfruttamento di manodopera a basso costo; terapìa occupazionale, cioè l'inganno di impiegare il tempo in una attività che non ha riferimenti nè con i desideri, nè con i bisogni del degente; ludoterapìa, cioè la codificazione della festa, l'istituzionalizzazione della spontaneità, la definizione degli spazi e dei tempi della gioia cosicchè la gioia non abbia più posto. Disorientato nel tempo e nello spazio; afinalisticamente affacendato; affettivamente impoverito; reattivo e eteroaggressivo; così annotano zelanti psichiatri, quotidianamente sulle cartelle cliniche: ma che tempo e spazio cui riferirsi per chi non può decidere del proprio tempo e del proprio spazio? Che faccende reali cui affacendarsi per chi deve tirar sera per anni? quale ricchezza affettiva per chi non ha rapporti? come non essere legittimamente "aggressivi"?

"L'uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto diverse autorità o senza alcuno schema razionale di carattere globale. Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano queste tre sfere di vita. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la stessa unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito che le porta dall'una all'altra dato che il complesso di attività è imposto dall'alto da un sistema di regole formali esplicite e da un corpo di addetti alla loro esecuzione. Per ultimo, le varie attività forzate sono organizzate secondo un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo scopo ufficiale dell'istituzione" Ervin Goffman "Asylums" Einaudi 1968

Questa lunga e magistrale descrizione dell'istituzione totale di Ervin Goffman basti non solo a illuminare della giusta luce la realtà della vita quotidiana dei degenti di un ospedale psichiatrico, ma soprattutto possa ridurre al silenzio chi pensi che il problema dei manicomi è quello di renderli più belli o più puliti, o più confortevoli. La logica della istituzione totale non si copre con una moquette, ma si cancella, cancellando l'istituzione stessa.

La contenzione

I mezzi di contenzione fisica accompagnano con lugubre evoluzione tutta la storia della Psichiatrìa. Ne sono indispensabile strumento. Probabilmente è vero il contrario: la Psichiatrìa è strumento della contenzione. Vale la pena di guardare le immagini che li mostrano non tanto sdegnandosi, perchè una disciplina medica si avvalesse e si avvalga di corde, lacci, manette, gabbie, collari, camiciotti, ma più che altro comprendendo che tutto questo strumentario volto a coercire, piegare, spegnere abbia trovato una disciplina medica che lo legittimasse. Una disciplina, la Psichiatrìa, che dai suoi albori medievali fino alle sue evoluzioni arricchite da nuove scoperte (la psicanalisi ad esempio) ha sempre ambìto a non essere messa in scacco dalla "psiche", ma al contrario di poterla mettere in scacco, è purtuttavìa sempre stata messa in scacco dal corpo: lo ha custodito, recluso, violentato, piegato, ignorato, ma i bisogni e desideri di esso interrogano e restano senza risposta. La legge sulla assistenza psichiatrica del 1904 (che è stata in vigore fino al 1978 faceva menzione della pratica della contenzione fisica in qualche modo, più teorico che pratico, normandola. Nella legge n. 180 del 1978 non se ne fà più menzione, non la si autorizza nè proibisce. La contenzione fisica resta invece una pratica a tutt'oggi assai diffusa: nei manicomi, negli ospedali generali, nelle cliniche private. La lotta contro tale pratica resta quindi attuale. Così pure la consapevolezza che tale pratica e di converso il rifiuto e la messa al bando di essa non comportano solo una umanizzazione del fare psichiatrìa, ma soprattutto l'apertura di contraddizioni, che pur partendo da una specifica vicenda individuale sconvolgono il significato complessivo del fare psichiatrìa nelle sue connessioni con la libertà e la liberazione di ciascuno: di chi è contenuto e di chi contiene. L'abolizione di ogni forma di contenzione fisica è ancora un obiettivo importante e attuale in ogni struttura psichiatrica anche se, scrive lo psichiatra inglese Conolly,

"gli infermieri e sorveglianti abituati al vecchio sistema erano riluttanti ad abbandonarlo e non sapevano valersi di quelle risorse che evitano gli inconvenienti dell'abolizione.... il 21 settembre scorso il sistema di non contenzione ha compiuto sette anni; durante questo periodo non si è fatto ricorso a camicie di forza, manicotti, bracciali, cavigliere, sedie di contenzione o altri strumenti di coercizione fisica, nè di giorno nè di notte. In questi sette anni sono stati ammessi ad Hanwell millecento pazienti curati complessivamente con il sistema non repressivo; durante quel periodo il numero dei presenti è stato quasi sempre di circa mille" John Conolly "Trattamento del malato di mente senza metodi costrittivi (1856)" Einaudi 1976

Queste considerazioni sulla propria pratica, moltissimi psichiatri non potrebbero scriverle oggi in Italia; John Conolly le scriveva nel 1856. Non contenere il corpo del degente dentro l'Ospedale Psichiatrico, accettarne la dolorosa sfida, confrontarsi con la sua domanda, significa anche imparare a non usare il potere del proprio ruolo e del proprio sapere per "contenere" qualunque sfida e ogni domanda. In tal senso le immagini di questi marchingegni sono solo apparentemente repechage di un improbabile antiquariato della coercizione, in realtà mostrano la Psichiatrìa di sempre.

La terapìa

Conoscere la "cura" ignorando la malattia. Conoscere la "malattia" ignorando il malato. Conoscere il "malato" ignorandone la sofferenza. Ma cura di che? Malattia di chi? La storia delle terapie psichiatriche è storia di raddrizzamenti delle storture della mente: si raddrizza l'anima infetta rotando il corpo su di un sedile girevole, innaffiandolo di acqua gelida e bollente, scuotendolo con scariche elettriche, piegandolo al coma insulinico. Ma è anche la storia delle grandi aspettative verso la psicochirurgia e la psicofarmacologia, verso una chimica e una ingegneria che "risolvano" la malattia. Gli ingegneri smontano il cervello, lo rimontano (magari un po' depauperato) ma la logica resta quella di sempre, "tagliare via" la parte che disturba, che erompe, che nega il reale, che lo aggredisce. Parallelamente al progressivo (ma non definitivo) abbandono della psicochirurgia si espande in misura impressionante il mercato degli psicofarmaci. Sui pochi attendibili dati dei ricercatori si costruisce il commercio delle illusioni, delle mistificazioni, delle menzogne e degli abusi; come di consueto ne è complice la Psichiatrìa e l'alleanza fra mercanti e scienziati: si consolida etichettando

"un sempre più ampio numero di problemi umani e personali come problemi medici. - prescrizione e somministrazione di uno o più psicofarmaci in situazioni che non richiedono affatto un intervento farmacologico. - prescrizione e somministrazione a dosi eccessive e/o per troppo lunghi periodi di tempo di uno psicofarmaco che sarebbe utile a dosi più basse e/o per periodi più brevi. - scelta irrazionale del tipo di psicofarmaco (ansiolitico o neurolettico o antidepressivo) - prescrizione e somministrazione di associazioni preconfezionate oppure di più di 2 psicofarmaci contemporaneamente. - prescrizione a dose troppo bassa, sospensione precoce del trattamento" Michele Tansella "Le Benzodiazepine nella pratica psichiatrica. Revisione critica " Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano 1978

Abuso di psicofarmaci dunque non è soltanto l'uso punitivo, repressivo, annullante di essi ma pure l'ignoranza sistematica dei loro effetti collaterali sovente drammatici, delle loro reali indicazioni enormemente più limitate e incerte. Basta scorrere la pubblicitàdegli psicofarmaci per ritrovare l'antico sodalizio fra Psichiatria e interessi estranei ai bisogni degli utenti della psichiatria: farmaci che sedano, controllano, socializzano; al corteo di "rimedi" anche se sia i primi sia i secondi hanno poco o nulla a che fare con la sofferenza di chi viene diagnosticato e curato, anche se i disturbi, sovente terribili, imputabili all'abuso di psicofarmaci generano nuova sofferenza, anche se la domanda di salute non trova risposta nè udienza. I 214 milioni di ricette di psicofarmaci prescritte nell'anno 1970 negli Stati uniti indicano con impressionante evidenza sia un malessere profondo e diffuso sia e soprattutto la mancata rispsta ad esso:

"Qual è la dose giusta di Largactil per sedare un uomo che vuole uscire e che trova la porta sempre chiusa? E la dose di Anafranil per fare alzare dal letto una donna che è stufa di passare le giornate sulla stessa sedia?" Leo Nahon "Osservazioni sul rapporto tra farmacologia reale e uso clinico-istituzionale degli psicotropi" Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano 1978

Benedetto Saraceno

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ciao squalo rex516 Monday, Dec. 20, 2004 at 2:37 PM
rex56 Squalo Tuesday, Jun. 15, 2004 at 8:46 PM
mi auguro di essre felica rex516 Tuesday, Jun. 15, 2004 at 8:23 PM
mi auguro di esserci rex516 Monday, May. 17, 2004 at 6:14 PM
pissi pissi buuuh huambo Thursday, May. 29, 2003 at 1:35 PM
ecco.. tro Thursday, May. 29, 2003 at 7:03 AM
pissi pissi bau bau leonka22 Thursday, May. 29, 2003 at 4:13 AM
Vittoria tro Wednesday, May. 28, 2003 at 7:52 PM
Squali corvi e tutto lo zoo Vittoria Tuesday, May. 27, 2003 at 7:27 PM
eccolo! tro Tuesday, May. 27, 2003 at 10:45 AM
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