bergamo, pacìpaciana.
Ancora fuoco, ancora rabbia.
Martedì primo marzo, nella notte, ignoti si sono introdotti nei locali del
centro sociale.
Gli spazi colpiti sono molti e sono inquietanti le modalità con cui si è
svolto l'attacco.
Due bombe dietro i banconi dei bar, nel capannone e nel bunker, costruite artigianalmente con le bombole del gas. In entrambi i bar le bombole sono state posizionate/raggruppate nel centro, due per locale, una chiusa ed una seconda aperta, in modo da far uscire un flusso di gas. Attorno ad esse è stato raggrupato del materiale infiammabile raccolto nei locali stessi, tra cui la collezione 2005 della serpicanaro locale, ancora nuova ed impacchettata ( si tratta della collezione di abbogliamento che ogni anno viene prodotta a scopo di autofinanziamento). Successivamente le zone circostanti le bombole sono state cosparse da liquidi infiammabili e, tramite delle micce, che erano state tirate fino all'esterno dei locali, è stato appiccato il fuoco. Nel bunker la miccia attraversava tutto lo spazio diagonalmente. Sono state tirate tre molotov contro il balcone dell'ufficio, è stato scoperchiato il baretto che era appne stato sistemato dopo l'incendio di dicembre. All'ingresso della cucina, dove nell'altra occasione erano state sistemate bombole di gas insieme a taniche di benzina, è stata collocata un'altra bombola di gas, l'unica non incendiata delle cinque presenti, su cui sono state messe numerose biglie di ferro, chiodi, bulloni. Questo attacco rimarca l'intenzionalità di continuare ad alzare il livello di tensione, la regolarità degli attacchi cerca inequivocabilmente di continuare ad alzare il livello dello scontro, nonostante in quest'occasione i danni materiali siano stati più lievi che in precedenza. Sta accadendo in tutta italia. Solo pochi giorni fa, a Venezia, un gruppo di neofascisti ha aggredito, insieme a carabinieri in borghese, un gruppo di compagn* che stava attacchinando. Solo quando si sono trovati in difficoltà per la reazione dei compagni e delle compagne, gli agenti hanno estratto le pistole, si sono qualificati (come forze dell'ordine??) ed hanno proceduto agli arresti dei compagni, ai quali va tutta la nostra solidarietà ed il nostro appoggio. E' sotto gli occhi di tutti, o quantomeno dovrebbe esserlo, una deriva che tende pericolosamente a destra, uno spostamento dell'asse culturale e politico che non ha precedenti. Il miglior risultato del corteo del 12 febbraio, corteo antifascista dei bi_sogni, è stato quello di smascherarela natura "cilena" dell'informazione, qualifica tanto valida a livello nazionale quanto a livello locale. La censura, la faziosità, la tendenziosità, il mestiere dell'informazione ovvero l'arte del condizionare e del plasmare la gente. Poco ci importa che una convenzione che non volevamo, per le modalità con cui ci è stata estorta sotto ricatto di sgombero e per i suoi contenuti chiari solo a senso unico, venga congelata. Ci importa invece il significato politico che questo gesto assume anche in seguito alle pressioni mediaticoistituzionali che si sono scatenate. Pur non apprezzando il documento in sè, che ci aspettavamo di ridiscutere con questa giunta, siamo pronti a riconoscenrne il valore di discontinuità che rappresentava nel panorama generale di questa deriva culturale e politica. Ci importa che un'amministrazione pubblica, dopo dieci anni di esistenza extralegale, riconosca la validità dell'autogestione e che affermi con un atto concreto l'importanza dei centri sociali, soprattutto in queste condizioni politiche generali, in questo pericoloso ritorno della violenza di destra, dei restringimenti delle libertà inividuali e collettive. Questo spostamento generale ha ovviamente delle conseguenze specifiche che tutti noi viviamo sulla nostra pelle, questa "fascistizzazione" della società produce precarietà, insicurezza, instabilità, privazione, tutte cose che non siamo disposti a tollerare, che non vogliamo più subire. Gli attacchi, gli attentati, le minacce e le pressioni che stiamo subendo sono solo la parte più eclatante della trasformazione della società che è in atto. Ci ricordiamo tutti di quello che è successo a Genova nel luglio del 2001, e da allora sono successe tante cose, troppe perchè al centro della questione continuino ad essere messe ostinatamente le scritte sui muri. Se si vuole veramente evitare una pericolosa e dannosissima spirale di violenza, e non limitarsi a deprecarla nei documenti ufficiali e nelle chiacchiere da salotto, è necessario costruire risposte concrete e partecipate, è fondamentale che questa deriva della società venga arrestata da tutti quanti si ritengano anche solo minimamente democratici. Non ci sono mai piaciute troppo *le istituzioni*, ma allo stesso tempo ci preoccupa molto il modo in cui sono violentate quotidianamente, insieme a quel che resta delle regole civili di una società che in fondo troppo Democratica non lo è mai stata. Se questa tanto ambita "pacificazione" significa aprire le porte istituzionali a tutti quei bombaroli fascisti che sono sbucati come funghi in lungo e in largo per l'italia, se significa equiparare i carnefici con le vittime, se significa riscrivere in maniera distorta i libri di storia, allora sarà bene riflettere tutti insieme sull'opportunità di questa "pacificazione". Se il frutto di questa tanto ambita pace sociale sarà soltanto, come di fatto è, sopraffazione e precarietà, con tutto quello che ne consegue, allora forse sarebbe meglio non parlare di pace sociale ma parlare di agitazione sociale, di scontro sociale. In questi anni siamo stati attenti a creare consenso sul conflitto. Ora è tempo di raccogliere i frutti di questo lavoro, l'opposizione sociale è la miglior risposta possibile a tutti questi attacchi ed il miglior argine possibile contro questa deriva. Opposizione sociale significa partecipazione, responsabilità, significa volontà di determinare le proprie esistenze e le proprie vite. Siamo convinti che la soluzione passi attraverso un lavoro quotidiano, attraverso reti e percorsi che si incontrano e si intrecciano, nelle differenze e nelle diversità, che creino conflitto e agitazione, che facciano opposizione e controllino i controllori. Fondamentale è diffondere nuovi metodi di produzione e di diffusione dell'informazione, è necessario scavalcare il predominio del monopolio informativo di un consiglio di amministrazione come quello della s. e.s.a.a.b. che in tutta la provincia determina il bello e il cattivo tempo. Per farlo ci vuole un investimento serio, come altrettanto seri devono essere gli interventi contro precarietà e sfruttamento. Da questo momento ci consideriamo in stato di agitazione sociale. Pacipaciana-bergamo-02-03-2005
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