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http://italy.indymedia.org/news/2005/02/731335.php Invia anche i commenti.

Da L'Eco di Bergamo di oggi sulla manifestazione antifascista di sabato
by info Tuesday, Feb. 15, 2005 at 12:31 PM mail:

Per il terzo giorno L’Eco di Bergamo dedica ampio spazio al corteo di sabato (praticamente tutta la cronaca cittadina!!). Oggi sono 9 articoli di giornale. Per il terzo girno la questione “guadagna” la prima pagina :

Rustico si scusa e scoppia il caso Amorino
L'assessore allo Sport si dissocia dai raid, ma al corteo c'era anche il collega. La maggioranza fa quadrato

Un momento così difficile forse non l'ha vissuto nemmeno quella volta a San Siro quando si trovò davanti Ronaldo. Ma non quello di oggi, un filo imbolsito: quello che partiva palla al piede e finiva in rete coast to coast. Quella volta, era il 1998, Fabio Rustico lo fermò con un fallaccio a metà campo e la sua partita finì lì, con il rosso dell'arbito. Questa volta il rosso è arrivato dal lato delle opposizioni di Palafrizzoni, ma il terzinassessore è rimasto in campo. Dicendo la sua e chiedendo scusa per quanto successo sabato alla manifestazione del Pacì Paciana.
Chiaro che Palafrizzoni non è San Siro, ma dal centrodestra ieri sembravano tutti centravanti di sfondamento. Con una punta più avanzata, quel Daniele Belotti consigliere del Carroccio e ultrà della Nord. Uno che di solito Rustico è abituato ad avere, se non accanto, almeno alle spalle. Comunque non di fronte. Uno che senza mezze parole ha ricordato al terzinassessore che il sindaco gli aveva dato del «tetolòt» per la sua presenza di sabato in corteo. Il Belotti: uno che i centri sociali in genere, e il Pacì Paciana in particolare, li ha sempre visti come il fumo negli occhi. Ma ieri c'era qualcosa di più, qualche ruggine in più con Rustico, e il raid teppistico di sabato non bastava a spiegare tutto. Dubbi che hanno trovato conferma quando Rustico ha preso la parola e tra i vari

Bruni: il Pacì Paciana condanni i raid
Dopo la gaffe di Rustico, che si scusa, Belotti smaschera Amorino: c'era anche lui al corteo Il sindaco invita a non strumentalizzare e conferma la totale fiducia ai due assessori

Continua dalla prima pagina:
passaggi ha chiesto scusa anche al Belotti. «Per essermi appropriato della sua idea di dare il nome dello stadio ai Bortolotti». E a quel punto tutto è stato molto più chiaro: c'era anche dell'altro in quel duello. Non che non bastasse l'affaire Pacì Paciana, beninteso: una patata bollente che porta l'assessore allo Sport (e alle Politiche giovanili) a chiedere scusa per i fatti di sabato. «Mi sento responsabile anche nei confronti dei cittadini: mi rendo conto di avere creato dei problemi anche all'amministrazione. Il mio è un distacco netto, mi dissocio: è l'ho detto anche a loro». Che altri non sono che i ragazzi del Pacì Paciana: «Mi sono arrabbiato con loro, perché se non erano in grado di controllare una manifestazione non dovevano organizzarla: è stato controproducente».
Ma questo non significa una chiusura al dialogo: «Io credo che dove ci siano realtà problematiche e contraddittorie sia un dovere politico confrontarsi. Mi avevano avvertito che avrebbe potuto essere controproducente confrontarsi con il Pacì Paciana, e sabato prima della manifestazione ho anche pensato di non andarci. Ma dopo le violenze che avevano subito ho pensato che fosse umanamente importante essere lì». Anche se «la mia cultura mi porta a farmi identificare con tutti quei cittadini che hanno assistito ai fatti, e mi discosto da tutti quei fatti che mi hanno fatto realmente vergognare». Fermo restando «la legittimità della manifestazione» e qualche bacchettata ricevuta: «Mi hanno dato dell'inesperto e dell'ingenuo, e probabilmente è vero».
E tutto sommato a Fausto Amorino, collega all'Ecologia, va anche peggio, visto che sul finale del suo «j'accuse» il Belotti tira fuori il coniglio dal cilindro: «Anche lei sabato era alla manifestazione. Quindi gli assessori erano due: uno ingenuo e l'altro vigliacco. Perché qui siamo di fronte a un atto di vigliaccheria politica. Chiedo ad Amorino e al sindaco come ci si senta ad aver lasciato Rustico a fare da parafulmine». E ricordando il famoso blocco mattutino delle auto, il pasticcio della nevicata di gennaio e il Pacì Paciana show, il Belotti getta un occhio al calendario e arriva a una conclusione in salsa Tricolore: «Prima il mercoledì verde, poi il giovedì bianco e infine il sabato rosso». Rustico e Amorino, due assessori, una sola richiesta: «Dimissioni».
Amorino incassa e fa ammenda, magari non in modo così inequivocabile come Rustico, ma la fa: «Non ho mai avuto buoni rapporti con quel centro sociale: ritengo comunque sia un luogo di positiva aggregazione. Pensavo che la manifestazione potesse far crescere un nuovo rapporto con la città e invece sono cresciute nuove barriere. Per stupidità, o magari per una sapiente regia di chi è venuto da fuori, perché tutti hanno capito che non è stata gente del Pacì Paciana a creare i problemi». Fatto sta che ora il centro di via Grumello «rischia l'isolamento» per colpa di qualcuno che Amorino definisce «pseudorivoluzionari». E a se stesso rimprovera «di non avere avuto il coraggio di contrastare questi episodi, ma era gente che non conoscevo». E dopo aver condannato le scritte «che in sé mi danno fastidio, in più alcune erano aberranti e non so se sia l'aggettivo adatto», il titolare all'Ecologia invita a «ricominciare al confronto».
Aspetto toccato anche dal sindaco, che conferma «piena fiducia a Rustico e Amorino» e avvisa il centrodestra: «Per condannare la violenza bisogna avere credito e non strumentalizzare certi episodi a fini politici. Serve una condanna seria che non diventi strumento di polemica» E Bruni ricorda «che non esiste violenza buona e violenza cattiva: è sempre cattiva. Dobbiamo essere capaci di condannarla senza se e senza ma». Cosa che magari la sua stessa maggioranza non ha fatto in modo sempre chiaro nel dibattito di ieri. Ma su una cosa Bruni non transige: «Il diritto di manifestare è costituzionalmente garantito». Certo, qualcosa andrà rivisto «come orari e modalità delle manifestazioni». E anche il rapporto con il Pacì Paciana: «L'interlocuzione sarà possibile solo se condanneranno quanto successo. Credo molto in questo dialogo se vogliamo impedire che questi giovani prendano una deriva sbagliata». Nell'attesa si fanno i conti: 65 mila euro di danni alle telecamere e 11 mila per le scritte sugli immobili. Il saldo in rosso di un sabato da dimenticare.
Dino Nikpalj


Continua la polemica contro l'assesore Rustico:


Rossi: Fabio non può fare tutto
L'allenatore sul terzino-assessore: «I professionisti devono dedicarsi al calcio al 100%»

«Rustico deve decidere cosa vuole fare da grande, perché secondo me non riesce a fare insieme il calciatore e l'assessore. Nel professionismo bisogna dedicarsi al cento per cento all'attività sportiva».
Poche parole, in perfetto stile Delio Rossi. Toni distesi, sorriso sulle labbra. Ma quando parla, il mister, non parla mai a caso. Come ieri, quando davanti ai microfoni di Bergamo Tv l'allenatore nerazzurro ha detto chiaro e tondo quel che pensa del cosiddetto «caso Rustico».
E cioè, che assessore e calciatore insieme non si possono fare. Perché se fai il calciatore in serie A ti devi allenare sempre, e se anche salti un allenamento ogni tanto tutto il lavoro va a gambe all'aria. Questo il senso delle dichiarazioni di Rossi, che pure nelle scorse settimane aveva accarezzato l'idea di rimettere in campo Rustico - in panchina contro la Juventus - in un impegno di campionato, forse contro l'Inter. Ma poi un acciacco ha messo fuori gioco il terzino-assessore e l'ipotesi di rivederlo titolare è svanita.
Del «caso Rustico» in casa atalantina non si parlava dallo scorso dicembre, quando la società - di fronte ad alcuni allenamenti saltati dal giocatore per gli impegni istituzionali - pareva intenzionata a rivolgersi al Collegio arbitrale della Lega per risolvere il contrasto. Rustico replicò invitando la società a dialogare, ma dicendosi anche pronto, in caso di muro contro muro, a intentare una causa per mobbing, vedendosi escluso dalle riunioni di squadra e vedendo definito «destabilizzante» il suo comportamento nello spogliatoio. Ma il tutto si risolse in un gran polverone. La vicenda si è trascinata per altri due mesi. Fino alle parole di ieri di Delio Rossi: «I professionisti devono dedicarsi al cento per cento alla loro attività». Dette da un signore che per il calcio vive a Zingonia, in una camera sopra gli spogliatoi.
Ro. Be.

Apparizione in tv: è guerra maggioranza-opposizione

Non accenna a placarsi la polemica sulla partecipazione dell'assessore Fabio Rustico alla trasmissione domenicale di Raidue «Quelli che il calcio». Il ministro Roberto Castelli, che aveva dato «fuoco alle polveri», ieri ha precisato: «Non ho nulla contro l'assessore Rustico: risponderà agli elettori delle sue azioni. Sono indignato perché si è costretti a pagare il canone Rai per vedere la propaganda degli avversari politici. Questo signore è stato infatti "santificato" su un canale Rai pagato anche con i miei soldi». E mentre il collega bergamasco di Forza Italia Giorgio Jannone giudica «inopportuna la presenza di Rustico in un programma tv poche ore dopo essere stato alla guida di un corteo che ha seriamente danneggiato il centro di Bergamo», c'è invece chi difende la scelta dell'assessore, a cominciare dall'eurodeputata bergamasca dello Sdi Pia Locatelli: «L'idea che la libertà di stampa sia nelle mani di persone come il ministro Castelli fa venire i brividi: Rustico era al posto giusto in una trasmissione dedicata all'intrattenimento sportivo, Castelli sbaglia». Concorda Mauro Bulgarelli dei Verdi secondo cui «prosegue la caccia all'uomo di esponenti di questo governo contro sportivi che non nascondono il loro impegno sociale», mentre il diessino Giuseppe Giulietti sostiene che «il ministro Castelli ha fatto sentire la sua voce "padana" contro la presenza del calciatore in tv per la sua precedente partecipazione ad iniziative alle quali erano presenti anche "estremisti". Siamo ancora in attesa di sentire la voce "italiana" del ministro contro l'incredibile manifestazione contro i giudici che si è svolta a Verona».


Ancora articoli sulla manifestazione


Lo sfogo dei lettori «Un sabato incivile»

Da una condanna senza appello a una riflessione sui modi per esprimere le proprie idee fino alla richiesta di dimissioni dell'assessore alle Politiche giovanili Fabio Rustico e di quello all'Ecologia Fausto Amorino. Già, c'era anche lui sabato in corteo. Ma anche un invito a non «esagerare»; un richiamo alle forze dell'ordine «per quello che non hanno fatto». Un elettore di Bruni si dice persino pentito del suo voto: «Sono un uomo di sinistra che quasi quasi arriva a rimpiangere l'ex sindaco Cesare Veneziani». E spiega il perché: «Domenica sono rimasto sgomento dell'atteggiamento tiepido del sindaco. Essere democratici significa difendere la propria città, i valori davanti alla degradazione violenta e incivile. Anche quando provengono da chi ti ha votato. Perché Bruni è il sindaco di tutti, anche di chi il sabato osa passeggiare tranquillo in centro. Si ricordi che tante di queste persone "normali e silenziose" gli hanno accordato fiducia, non solo i teppisti del centro sociale. Inizio a rimpiangere l'ex sindaco Veneziani».
I lettori continuano a intervenire a tutto campo sulla manifestazione di sabato del Pacì Paciana. «Bergamo ha vissuto la giornata più "schifosa" che la democrazia possa sopportare per una città civile – calca la mano Adriana Tomasoni – Grazie al sindaco e all'amministrazione per averla autorizzata. E la polizia, i carabinieri, i vigili? Non hanno mosso un dito. Abito a Bergamo da 20 anni ma una cosa del genere non l'avevo mai vista».
Non meno dura la reazione di un altro lettore: «Sono un manipolo di "figli di papà" che giocano a fare i "partigiani ribelli". Bergamo non è mai stata e non sarà mai loro, perché appartiene a chi con umiltà e sacrifici si impegna a tenere alto il nome di questa città». C'è anche un accenno alla manifestazione di due sabati fa degli ultras: «È bene ricordare che 15 giorni fa si è tenuta una manifestazione della Curva Pisani dove tutto è filato liscio». Per Renato Marabini si tratta di «senso civico» e di capire fino a dove ci si può spingere per portare avanti le proprie convinzioni. «Dobbiamo distinguere cosa è possibile fare per portare avanti le proprie idee e cosa deve essere evitato – scrive –. Io posso scegliere a quali dibattiti partecipare, posso scegliere quali comizi ascoltare, quali giornali comprare: l'unica cosa che non posso scegliere e che devo invece subire sono le iniziative come quelle di sabato. Mi chiedo quale sia l'interpretazione che il Pacì Paciana dà a concetti come democrazia e rispetto delle regole. La domanda è una sola: dovremo ancora subire manifestazioni di questo tipo?».
E c'è chi se la prende con Fabio Rustico. «Dimissioni e subito – è l'opinione di Davide Rovetta – Partecipare alla manifestazione di sabato prima e alla pagliacciata domenicale di Ventura & C.».
Altri però cercano di smorzare i toni: «Prendersela così fino a farne un caso nazionale mi sembra un'esagerazione. Ma il degrado della città sono solo le scritte? Va bene, non andavano fatte. Ma che dire delle centinaia, se non migliaia, di adesivi della Lega messi sui cartelli della segnaletica stradale?». Dello stesso parere Aldo Galli : «In merito ai fatti di sabato, penso che si stiano sprecando troppe parole». Per lui «basterebbe prendere i responsabili dei danni e costringerli alle riparazioni. Oltre che punire bisogna educare». E Miris Baldi : «Non ho mai scritto su un muro né ho gettato della carta per strada, ma i toni mi sembrano francamente al di fuori della realtà. A meno che vogliamo sostenere che quattro starnuti fanno una polmonite».


Scritte e telecamere: danni per 76 mila euro

Su per giù 76 mila euro. È la prima stima dei danni lasciati alle spalle dalla manifestazione di sabato del centro sociale Pacì Paciana. È il sindaco Roberto Bruni, nel suo intervento di ieri sera in Consiglio comunale, a rendere noto il bilancio. Si tratterebbe di 65 mila euro per riparare le telecamere devastate, tra via Quarenghi e piazzale Matteotti. In particolare sono 3 le telecamere danneggiate in maniera irreparabile, e quindi da sostituire; 2 quelle danneggiate ai cavi elettrici, da aggiustare. E altri 11 mila per ripulire i muri imbrattati. Il sindaco non ha fornito una tempistica degli interventi (la fontana di piazza della Libertà è già tornata «linda», vedi foto), ma si è limitato a precisare che darà ordine di pulire le scritte anche dagli edifici privati, dove gli slogan siano particolarmente offensivi.
Per la pulizia di monumenti o edifici di particolare rilevanza il Comune di solito fa intervenire una ditta esterna specializzata, la «Puliserio» di Seriate, che garantisce un servizio ininterrotto 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno. In questo modo, si può intervenire non appena viene individuata la scritta, anche in orari notturni. Il costo e la durata dell'intervento variano a seconda della vernice usata e dalla superficie interessata. In media, ogni intervento viene a costare dai 100 euro in su. Per gli interventi meno delicati entrano in azione la Bas o gli operai del Comune.
In commercio sono disponibili anche prodotti «anti-graffiti», in grado di facilitare la rimozione del colore. Si tratta di soluzioni idrorepellenti che non intaccano né la cromatura della superficie, né la porosità della pietra su cui vengono applicate. Il prezzo può variare da una decina a una cinquantina di euro a metro quadro. Se la parete protetta da vernice antigraffito viene imbrattata, esistono prodotti specifici per ripulire il tutto. In questo caso, il prezzo si aggira sui 9 euro per metro quadrato.


Un giornalista de L’Eco di Bergamo cerca persino di farsi togliere la multa giustificando la sosta vietata con i disagi arrecati dalla manifestazione, grottesco.. Parla addirittura di città che brucia..


Città nel caos, ma il solerte vigile pensa al divieto di sosta

Mentre la città brucia, mentre il traffico è bloccato e piovono scritte sui muri, mentre il corteo dei manifestanti «occupa» l'incrocio Angelo Mai-Papa Giovanni, possiamo stare tranquilli: ci sono vigili urbani che non perdono il sangue freddo e che con solerzia e abilità perseguono il loro fine più elevato, la loro missione: punire la sosta irregolare.
Così, in quella bolgia che era sabato pomeriggio, sono stato punito. Ho parcheggiato la mia auto nello spazio di viale Papa Giovanni, sotto L'Eco di Bergamo, senza mettere la monetina nel parcometro. Niente ticket, ha visto il lucido ausiliare della sosta o agente di polizia urbana che fosse. Niente bigliettino, quindi multa, ha pensato nella sua mente, lucida come quella di un personal computer. Una giusta punizione, trentacinque euro per le esauste casse comunali.
Accetto e pago. Ma faccio notare alcune cose che mi fanno pensare che in questo provvedimento, in questo atto di appioppare la contravvenzione, ci sia qualcosa di strano, di kafkiano, di un po' folle, diciamolo pure.
Guardiamo la scena dall'inizio. Dunque. Arrivo in zona stazione attorno alle 16.20 e trovo tutto intasato, file di auto che non si muovono, via Paleocapa e via Bonomelli bloccate e mi domando che cosa diavolo stia succedendo. A passo d'uomo raggiungo l'incrocio della stazione e vado a sfociare in viale Papa Giovanni dove riesco finalmente a capire: il grande intasamento è dovuto a una manifestazione. Carabinieri, folla, automobilisti imbufaliti. Capisco subito che non potrò parcheggiare nell'autosilo di via Paleocapa, dove ho l'abbonamento, semplicemente perché non si passa. Penso allora al parcheggio che viene spesso usato al sabato dai dipendenti del nostro giornale, vicino all'ingresso dell'Eco, oltre la sbarra gialla. Ma mi rendo conto che anche lì non potrò mettermi perché lo spazio è occupato dagli automezzi dei carabinieri. Allora mi infilo nel parcheggio, nella parte a pagamento. Del resto che cosa potevo fare? Mica potevo evitare di recarmi al lavoro. Scendo dall'auto, fischietti, urla, bandiere, il cordone dei carabinieri, le auto che strombazzano. Veramente un bel caos. La tensione è palpabile anche nell'espressione degli agenti delle forze dell'ordine. Per questa ragione anche il portone dell'Eco è chiuso. E a questo punto commetto l'errore. Sebbene non potessi accedere ai miei due parcheggi naturali, uno bloccato, l'altro occupato dai carabinieri, sebbene in centro ci sia una mezza rivoluzione e il traffico sia bloccato, avrei comunque dovuto munirmi di ticket al parcometro. Ho sbagliato. Me ne sono dimenticato.
Salgo al giornale, sbrigo qualche faccenda. Quando mi sembra che il peggio sia passato scendo nel parcheggio per spostare l'auto... E mi trovo la sorpresina: Bergamo è sottosopra, le forze dell'ordine grondano tensione, eppure alle 16.55 in punto un solerte agente del «Servizio di accertamento delle violazioni in materia di sosta» è entrato in azione: biglietto giallo e bollettino di conto corrente infilato sotto il tergicristallo: giustizia è fatta.
Paolo Aresi


E l’attacco continua, solo Verdi e Rifondazione sono fuori dal coro:


Corteo teppista, i distinguo del centrosinistra
Dalla posizione più severa della Margherita a quelle più sfumate di Ds, Verdi e Rifondazione La maggioranza alla fine vota compatta per una condanna dei vandalismi senza se e senza ma

Serra ancora i ranghi la maggioranza. Era già capitato per il dibattito sulla fusione Bas Asm, quando il primo cittadino aveva posto una sorta di fiducia per evitare che gli scollamenti all'interno della sua coalizione si traducessero in un vero e proprio rompete le righe. Ieri, a un mese e mezzo dallo storico Consiglio, i partiti al governo della città sono tornati a fare quadrato attorno a Bruni, questa volta senza bisogno di porre alcuna questione di fiducia. O almeno così emerge dal voto sull'ordine del giorno presentato dalla maggioranza e sottoscritto da tutti i partiti che la sostengono tranne Aratro e Verdi: 22 voti a favore, zero contrari, zero astenuti (le minoranze hanno abbandonato l'aula). Dietro la facciata di unanimità si celano però sfumature e posizioni diverse, prima fra tutte quella vera e propria presa di distanze che la Margherita già domenica aveva manifestato rispetto alla posizione del sindaco giudicata troppo tiepida.
Lo si è capito dal primo intervento sull'argomento che, in maniera del tutto inedita per l'assemblea di Palazzo Frizzoni, è toccato al presidente del Consiglio: «Quale garante dell'istituzione comunale – ha dichiarato Marco Brembilla prima di aprire ufficialmente il dibattito – credo indispensabile rimarcare la più ferma condanna dei vandalismi e la piena solidarietà ai cittadini ingiustamente colpiti, anche nei beni materiali, dalla violenza gratuita di persone che nulla hanno a che vedere con il vivere civile e la pacifica convivenza». Detto in altro modo: una condanna «senza se e senza ma». Che, poi, è quella che gli stessi esponenti della Margherita avrebbero voluto dal sindaco a caldo. Invece è andata come è andata. E solo sull'elenco degli impegni assunti attraverso l'ordine del giorno (tra i più significativi la nomina del difensore del Comune quale persona offesa, la costituzione di parte civile dell'amministrazione, la convocazione d'urgenza del Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la ferma condanna da parte del Pacì paciana dell'accaduto quale condizione per mantenere il dialogo con l'amministrazione), si è ritrovata la coesione. Per il resto è tutto un susseguirsi di distinguo che, in diversa misura, si allontanano dalla posizione dei centristi. A partire, naturalmente, da Rifondazione Comunista: «Ciò che è successo sabato – ha affermato Maurizio Morgano – non può essere letto se non alla luce di quanto accaduto negli ultimi tempi e in particolare sulla scorta dell'escalation di violenza che ha visto numerosi militanti e simpatizzanti della sinistra finire al centro di vere e proprie aggressioni. Sono questi gli episodi che avrebbero dovuto suscitare il maggior clamore e soprattutto la solidarietà e la condanna delle altre forze politiche. Invece è avvenuto tutto il contrario». Toni simili ha usato Roberto Bertoli (Verdi): «Il vandalismo non è sicuramente un'espressione della politica e il contenuto delle scritte è in certi casi aberrante. Detto questo dobbiamo sottolineare che quanti hanno aderito alla manifestazione lo hanno fatto dopo aver subito episodi decisamente più gravi degli stessi vandalismi. Vorrei, inoltre segnalare come, al di là dei contenuti, gli slogan sui muri sono uno strumento tipico della battaglia politica, un modo di comunicare le proprie idee e alcuni messaggi». E in un passaggio definisce l'imbrattatura delle telecamere «una simpatica provocazione».
Sulla necessità che gli organizzatori «si assumano tutte le loro responsabilità» si è soffermato Giuseppe Santoro dell'Italia dei Valori. Che ha aggiunto: «Esprimo inoltre il mio sostegno alle forze dell'ordine che hanno ben operato». Toni «morbidi» anche per Luciano Ongaro (Ds): «Noi distinguiamo la democrazia dalla violenza teppistica da oltre quarant'anni, ma non per questo abbiamo mai messo in discussione il principio sacrosanto di manifestare».
Duri gli interventi dell'opposizione. «La città – ha dato fuoco alle polveri il leghista Daniele Belotti – è uscita da questa vicenda umiliata. Ed è vergognoso il fatto che i partiti di maggioranza, almeno per due terzi, abbiano appoggiato la manifestazione, senza considerare naturalmente la presenza di due assessori. Mi domando se gli esponenti centristi della coalizione, che rappresentano sicuramente sensibilità molto distanti da certi modi di fare politica, si trovino ancora a proprio agio in questa giunta».
«Il corteo – ha aggiunto Franco Tentorio (An) – era impostato in maniera errata: muoveva infatti i propri passi dallo slogan "riprendiamoci la città", mentre la città è di tutti; certi toni e certe scritte non fanno altro che aumentare un clima di tensione decisamente preoccupante». La difesa di «quanti hanno subìto danni materiali, oltre che pesanti disagi», è toccata invece a Gianfranco Ceci (Forza Italia): «Ci rivolgiamo in particolare a questi cittadini perché è doveroso ricordarsi delle parti che più hanno subìto in questa vicenda». Un'ultima preoccupazione è stata sollevata da Valerio Marabini (Lista Veneziani): «Se questi sono i presupposti, mi chiedo quale possa essere la capacità di gestione nell'organizzazione delle faraoniche celebrazioni per il Sessantesimo della Liberazione in programma il prossimo aprile». Degli otto ordini del giorno presentati dalle opposizioni (uno di An, sei della Lega e 1 di Forza Italia), ne sono stati approvati solo due della Lega: il primo che impegna la giunta a «presentare denuncia per i vandalismi subiti in città durante la manifestazione e a costituirsi parte civile» e il secondo con il quale il «consiglio comunale prende le distanze dalla manifestazione ed esprime dura condanna per gli episodi di teppismo». Respinte tutte le altre richieste, tra cui la revoca della convenzione al Pacì Paciana, l'abrogazione dal Pop della spesa di 650 mila euro per la ristrutturazione del centro sociale, e la revoca del mandato ai due assessori che hanno partecipato alla manifestazione.
E. Fa.


Qualcuno ha il coraggio di dire le cose come stanno..


«Solo una montatura mediatica»
Rifondazione, il verde Bertoli e il diessino Crescini attaccano la stampa e la cronaca degli incidenti

Scritte anche sulle vetrine dei negozi
Ieri sera a Palafrizzoni c'era chi si sentiva «a disagio ad intervenire nel dibattito» perché «francamente non ho capito bene di che stiamo parlando». Trattasi di Maurizio Morgano, consigliere di Rifondazione, che dopo aver mostrato una copia de L'Eco di lunedì e aver spiegato «di non capire le pagine di questo giornale» ha ripercorso passo a passo la lista degli episodi che avrebbero visto vittima il Pacì Paciana. Dall'accoltellamento di Piazza Vecchia al rogo, passando per il ferimento di un giovane a Capriate e aggressioni all'esterno del centro sociale.
Tutti episodi che Morgano definisce di stampo fascista, senza dubbi di sorta, e che hanno coinvolto esponenti del centro sociale. «Episodi che L'Eco ha messo in 16ª o 21ª pagina. Mentre sugli episodi di sabato, che assolutamente condanniamo, si è creata una bagarre che francamente non capisco, con titoli in prima pagina». Da cui l'invito a «riportare le cose nella loro giusta dimensione». Un parere non isolato dalle parti di Rifondazione, visto che l'assessore all'Edilizia Privata Roberto Trussardi ritiene «che L'Eco abbia strumentalizzato e ingigantito a dismisura la vicenda per danneggiare l'amministrazione che non ha nessuna colpa». Amministrazione «che è parte offesa, non c'entra nulla. Si sta usando la stampa come un manganello. E mi dispiace che una parte politica della maggioranza, la Margherita, si sia prestata a questa strumentalizzazione».
Nota bene, non è che allontanandosi dalla sinistra radicale le cose ci vadano meglio. Perché per il verde Roberto Bertoli c'è la certezza che «le scritte sui muri non sono violenza né teppismo, ma strumento di battaglia politica». E soprattutto non capisce perché un giornale «L'Eco, che spesso è serio, o quasi sempre è serio, si sia prestato a un'esaltazione di atti che sono successi tante volte». Segue lettura di qualche titolo giudicato eccessivo ed esortazione finale: «Ma per favore, per favore: Eco di Bergamo, credo che il senso della misura sia fondamentale per un giornale così importante».
E più ci si avvicina al centro della sinistra e più le acque si fanno agitate. Lo si capisce quando prende la parola il diessino Claudio Crescini, che spiega i due motivi per cui L'Eco avrebbe creato quella che definisce, bontà sua, «una montatura mediatica». Uno: «Basta vedere a pagina 13 di domenica, dove il sindaco ha rilevato la necessità di bypassare la stampa locale. Credo che il sindaco sia stato avvisato: se si mette in contrasto con il giornale locale, può subire degli attacchi molto pesanti». Due: «La campagna elettorale. Non c'è nulla di male, L'Eco non è un giornale indipendente e non ha mai dichiarato di esserlo. È un giornale cattolico, di parte, di proprietà della Curia e il suo direttore è di Comunione e Liberazione: giusto così, non è il direttore de L'Unità o del Manifesto, deve fare la campagna per Formigoni». Segue descrizione delle 7 foto riservate al presidente dopo la sua visita a Bergamo e sublime comparazione con un organo di stampa birmano dove vige una dittatura militare e il locale leader ne avrebbe avute solo 5... Morale: «Il generale invierà i suoi giornalisti a Bergamo per un corso». Grazie di averci avvertito, prepariamo il posto.



E L’Eco di Bergamo risponde alle accuse:


E così quei quattro «indiani» della sinistra hanno trovato i colpevoli: siamo noi de L'Eco

Dunque, è stato trovato il colpevole dei raid teppisti di sabato: siamo noi de «L'Eco». Colpevoli, secondo alcuni esponenti della maggioranza di Palafrizzoni (il verde Bertoli, il diessino Crescini e Trussardi e Morgano di Rifondazione), di aver enfatizzato oltre misura quel brutto pomeriggio. Non ci vengono contestate l'esattezza della ricostruzione della vicenda e la fedeltà delle dichiarazioni riportate, ma di aver costruito ad arte un evento mediatico con intenti vagamente complottisti: siamo alla vigilia della campagna elettorale per le regionali e «L'Eco» si schiera con Formigoni. Ne fa fede - secondo i conti di chi ha stilato questo capo d'imputazione - il fatto che il giornale, il giorno della visita del presidente della Lombardia a Bergamo, ha dedicato al governatore più foto di quante ne abbia pubblicate un giornale birmano in omaggio al presidente-dittatore di quel Paese.
A parte l'ineleganza e l'improponibilità di una simile analogia, ci sia consentita (possiamo utilizzare un verbo tipicamente berlusconiano?) una breve e serena replica a questi signori, nella augurabile consapevolezza da parte di costoro che anche noi de L'Eco abbiamo qualche diritto, almeno pari a quelli che vengono riconosciuti ai bravi ragazzi che si sono fatti prendere la mano in centro città sabato pomeriggio. Le accuse che ci vengono rivolte sono quanto meno scontate e singolari. Scontate perché quando certi politici vengono beccati con le mani nella marmellata e non sanno più che pesci pigliare ribaltano la frittata: e allora i giornalisti hanno capito male come al solito, oppure fanno dello scandalismo. Chi ci attacca da questo versante ricorda gli indiani di Tex Willer che per confondere l'avversario e dare l'idea di essere in tanti sollevavano un polverone legando frasche e cespugli ai cavalli.
Le critiche di questi esponenti della sinistra nei nostri confronti oltre che scontate sono poi singolari: il dovuto risalto che abbiamo dato in sede di cronaca è confortato, oltre che dall'evidenza dei fatti, anche dalle allarmate reazioni di autorevoli dirigenti della stessa maggioranza. Proviamo a rinfrescarci la memoria. Per il vicesindaco Ebe Sorti Ravasio, della Margherita, quanto avvenuto «è intollerabile, un segno di inciviltà». Per il diessino Dario Guerini, i protagonisti di quel pomeriggio «sono imbecilli, seminatori di intolleranza e di violenza». Vogliamo forse pensare che le numerose proteste giunte al nostro giornale sono parte di una trama di biechi berluscones e formigoniani occulti? In realtà, ci sembra che questo genere di accuse tradisca una tentazione bulgara se non birmana: quella di avere la stampa amica, allineata e coperta, capace all'occorrenza di non vedere e non sentire. E a proposito di Formigoni vorremmo ricordare ai nostri detrattori che si sono persi un giro e un'altra grande foto: pochi giorni fa abbiamo dedicato una pagina alla vicenda del petrolio iracheno che ha chiamato in causa il governatore e, nella prima pagina, abbiamo collocato la notizia nella stessa posizione che le ha assegnato - udite, udite - «Repubblica».
Se vogliamo andare oltre, bypassando i nostri critici per parlare di politica vera e propria, la nostra impressione è che questa Giunta, per altri versi apprezzabile e anche capace di autocorreggersi come nel caso delle scuse dell'assessore Rustico, si ritrovi un po' smarrita quando deve gestire crisi che escono dall'orizzonte della routine: era già successo con il mercoledì nero del traffico e si è replicato sabato. Sembra quasi che a volte la catena di comando non percepisca in modo adeguato il senso concreto della realtà e le sue possibili conseguenze: non era così difficile mettere nel conto anche l'opzione che le cose sabato sarebbero potute finire così.
Quanto a noi, e lo ricordiamo a quegli zelanti che sembrano preferire la stampa della Birmania a «L'Eco», abbiamo dimostrato autonomia verso la Giunta Veneziani e manteniamo tale atteggiamento verso la Giunta Bruni. Una dialettica e un civile confronto, sempre rispettosi di coloro che amministrano la cosa pubblica e senza la presunzione di avere, noi, sempre e comunque ragione. La nostra autonomia – che non ci impedisce peraltro di valutare positivamente alcune scelte fatte da questa amministrazione – spiacerà a chi ci vuole mettere la sordina, ma da noi usa così: in Birmania sappiamo che le cose sono diverse. Chi ci tiene può provare per credere: buon viaggio, con l'augurio che sia consentito anche il ritorno.

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