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In contatto con Baghdad (41)
by robdinz Sunday, Mar. 30, 2003 at 6:24 PM mail: robdinz@hotmail.com

Appello per la pace.

L’incontro con i colleghi della tv irachena e di altre testate giornalistiche si è svolto in un cinema in disuso nel pieno centro della città. Due piani sottoterra.
Il cinema, che certamente doveva aver vissuto tempi migliori, è sembrato subito un luogo accogliente perché i rumori dei bombardamenti arrivavano come attutiti. Poco più forti di lontani tuoni di un temporale.

Una decina di giornalisti iracheni e sei tra reporters indipendenti e fotografi,
chi seduto sul bordo del palcosecnico chi sparso lungo le prime due file di sedie.

Inglese, francese, arabo, gesti con le mani, schizzi sui block-notes , tutto andava bene per capirsi.

Intanto una precisazione di non poco conto da parte dei colleghi iracheni: non è vero che 4.000 “kamikaze”sono pronti al “martirio”come è stato rilanciato con clamore dalla stampa di tutto il mondo riprendendo le parole pronunciate dal vice ministro della difesa dell’Iraq.
Un altro è il significato di quella dichiarazione: 4.000 volontari di paesi arabi confinanti con l’Iraq sono entrati in territorio iracheno manifestando la loro volontà di unirsi all’esercito di Baghdad per combattere gli invasori anglo-americani.
I 4.000 volontari si sono detti disposti a combattere casa per casa e persino fuori dall’esercito regolare. Ma nessuno ha mai affermato che si tratti di “kamikaze” pronti a gettarsi imbottiti di tritolo contro i soldati invasori.
I colleghi sostengono che potrebbe persino trattarsi di errori di traduzione o di incomprensione della dichiarazione del vice ministro e portavoce dell’esercito.
Tuttavia, si domandano, come è possibile che tutta la stampa ed i network televisivi abbiano tradotto male?

Preso atto di questa dichiarazione, come dire, preliminare, dei colleghi iracheni, ma di fondamentale importanza per i colleghi europei, che hanno potuto così capire ufficialmente quale fosse un altro dei metodi di disinformazione attuati a discapito dell’opinione pubblica internazionale, i colleghi iracheni si sono dichiarati stupiti ed addolorati per la pressochè totale assenza di informazione e solidarietà internazionale sui ripetuti bombardamenti che hanno colpito la Iraqi Tv, lasciando a terra numerosi feriti tra giornalisti, tecnici ed impiegati. Lasciando senza lavoro (e senza luogo di lavoro) la stragrande maggiornaza di loro, costretti ora in pochi, con mezzi di fortuna ed in locali provvisori a volgere il proprio mestiere. E cercando di fatto di ridurre al silenzio l’informazione irachena.
Considerano poi pretestuosa (fino al ridicolo) la giustificazione addotta dagli Stati Maggiori anglo-americani sul fatto che i soldati iracheni prendessero ordini militari atraverso le trasmissioni di Iraqi Tv. Che sarebbe come a dire che decine di migliaia di uomini ed i loro comandanti, nei deserti dell’Iraq, ogni tanto si fermano e accendono la tv per aspettare ordini in codice. (Ripeto: in mezzo al deserto).
Lamentano, i colleghi iracheni, il silenzio sui bombardamenti che hanno colpito anche redazioni di giornali e tipografie. Causando numerosi feriti e la chiusura di alcuni organi di informazione.

Via mail era giunta ad un reporter indipendente, nella giornata di ieri, una dichiarazione della “International Federation of Journalists”(“Ifj”) che condannava e stigmatizzava i bombardamenti sulla tv irachena. Con un po’ di difficoltà questo breve documento è stato tradotto in una lingua comprensibile da tutti.
Ripreso in inglese e firmato da tutti i presenti all’incontro. Ora cercheranno di inviarlo alla “Ifj”.

Infine, in modo drammatico, i colleghi iracheni hanno rivolto un appello ai reporters indipendenti, e tramite loro alle:

Nazioni Unite
Agli organi d’informazione indipendenti di tutto il mondo
Alle Organizzazioni Umanitarie
All’Opinione Pubblica di tutti i paesi del mondo che si è schierata per la pace
Ai Governi che si sono dichiarati contro la guerra

Perché attraverso l’applicazione della “Convenzione di Ginevra” si ponga fine:

Ai bombardamenti che colpiscono gli organi d’informazione
Ai bombardamenti sui siti civili che ancora sono ingrado di fornire, anche se a non più del al 5% della popolazione civile ed agli ospedali di Baghdad, acqua ed energia elettrica.

Che i Governi di Washington e Londra vengano condannati dalle Nazioni Unite per violazione degli accordi della Convenzione di Ginevra i bombardamenti sulle scuole sull’università e sulla biblioteca nazionale
Che vengano sospesi immediatamente i bombardamenti sulla capitale che provocano
quasi esclusivamente feriti e vittime civili
Che si apra entro le prossime ore un canale umanitario gestito dall’Onu e dalle organizzazioni umanitarie, protetto delle bombe e dai missili, che consenta di poter rifornire di cibo e acqua la popolazione civile ridotta ormai allo stremo.
Che consenta l’arrivo di medicinali per contenere le infezioni, medicinali salva-vita e attrezzature sanitarie indispensabili.
Che si consenta a quanti vogliano lasciare il paese di poterlo fare in sicurezza ed essere accolti in campi profughi dignitosi.
Che si ponga fine ai bombardamenti su tutto il territorio dell’Iraq per poter soccorrere la popolazione civile ormai completamente priva da giorni, in moltissime regioni del paese, di cibo, acqua, energia elettrica e medicinali.
Che si organizzi subito una solidarietà internazionale, ad ogni livello e sotto ogni forma, per evitare il genocidio di una intera popolazione di uomini, donne e bambini già impoveriti e provati da 12 anni di durissimo embargo economico.

Che si ponga fine ad una guerra ingiusta ed illegale di aggressione imperialista contro l’Iraq ed il suo popolo.


I reporters indipendenti hanno preso atto del documento dei colleghi iracheni condividendone lo spirito e la sostanza. E hanno dichiarato che faranno quanto nelle loro possibilità e quanto nelle loro capacità per far giungere questa drammatica testimonianza fuori dall’Iraq.
E si sono detti sicuri, mentre abbracciavano i colleghi nel lasciare la riunone nel cinema, che nessuna disinformazione nessuna censura, nessuna incomprensione di traduzione potrà fermare questo appello.

Fuori dal cinema è già buio. I fragori delle bombe e dei missili sono tornati assordanti. Per alcuni c’è molta strada da fare, a piedi, quasi di corsa, seguendo e ricordando le indicazioni fornite dai bambini di Baghdad. Stasera non si starà insieme, quasi tutti divisi perché ciascuno deve avere davanti un telefono per provare e riprovare a prendere quella benedetta linea per un messaggio, una mail. Per rilanciare il prima possibile a più persone possibile l’appello dei colleghi iracheni.

Che la notte sia leggera.
r.

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