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Da "The Corporation": come la pubblicità usa i bambini
by Pelosauro Tuesday, Dec. 28, 2004 at 2:37 PM mail:

Conoscete il "Nag Factor"? La parola forse no ma prima di Natale lo hanno sperimentato molti di coloro che hanno bambini....

Non so se violo il copyright o al contrario faccio propaganda al libro ma vi volevo riportare un brano del libro "the corporation" di Joel Bakan.
Riguarda il Nag FActor o Fattore Assillo, nuova tecnica di marketing per far comprare/consumare prodotti/servizi per bambini.

Il « NAG FACTOR » (Fattore Assillo)

(...)una nuova e raffinata strategia di marketing che ha costituito una soluzione al problema su cui si sono arrovellati per anni gli esperti del settore: come riuscire a spillare denaro ai bambini che vogliono acquistare dei prodotti ma non hanno soldi in tasca? Per quanto sia sempre possibile “manipolare i consumatori per indurli a desiderare e quindi ad acquistare i tuoi prodotti”, spiega Lucy Hughes, tra gli ideatori del Nag Factor e responsabile dell’area strategia di Intitative Media, la più grande società di comunicazione del pianteta i bambini rappresentano una sfida straordinaria. La pubblicità a loro diretta - questa l’intuizione fondamentale alla base del Nag Factor – non deve essere mirata a conveincerli all’acquisto, bensì a convincerli ad assillare i loro genitori affinché acquistino.
A tale scopo la Hughes e i suoi colleghi di Initiative Media, con l’ausilio di psicologi dell’età evolutiva, hanno sviluppato un’analisi scientifica delle varie forme di pressione cui i bambini ricorrono per convincere i genitori all’acquisto e dei relativi impatti sulle varie tipologie di genitori. “Abbiamo riscontrato…che i bambini non assillano i genitori sempre allo stesso modo. Ci sono due modalità diverse: quella “insistente” e quella “grave”.
Nel primo caso il bambino piagnucola qualcosa come:”Mamma, ti dico che voglio davvero la casa di Barie, la voglio la voglio la voglio, ueh, ueh, ueh!”…
La modalità “grave” si ha invece quando il bambino associa al prodotto un’idea di importanza: “Mamma, ho bisogno della casa di Barbie così Barbie e Ken possono andare a vivere insieme, fare dei bambini e avere la loro famiglia”.
L’efficacia delle diverse forme di pressione psicologica dipende dal bersaglio: ci sono quattro tipologie di genitori.
La prima categoria, la più comune, è quella dei genitori spartani, in genere benestanti e di livello socio-cuturale elevato ma refrattari al piangnisteo dei bambini. Comprano qualcosa ai figli solo se c’è un valido motivo. In questo caso, spiega la Huges, “bisogna fare in modo che i bambini assillino i genitori in modo “grave”, facendo capire il valore o il beneficio che quel determinato prodotto riveste per loro, per quale motivo lo considerano importante. E nelle giuste circostanze il genitore si mostrerà ricettivo”.
Le altre tre cateogire di genitori possono risultare più sensibili alla pressione di tipo “insistente”. Il gruppo meno numeroso, “gli amici dei bambini”, costituito da genitori giovani che comprano prodotti non solo per i i figli ma anche per se stessi, come i videogiochi e le playstation.
Gli “accondiscendenti” sono in genere mamme lavoratrici, che acquistano un prodotto per lenire il senso di colpa nei confronti dei figli per il poco tempo che passano con loro.
I genitori “combattuti”, per lo più madri single, sono perfettamente consapevoli che non dovrebbbero comprare oggetti inutili ma cedono alla pressione dei bambini; non amano gli acquisti impulsivi, ma li fanno ugualmente; infine, sono contrari alle pubblicità dirette ai bambini, ma al tempo stesso le apprezzano perché li aiutano a decidere cosa comprare.
(…)
E’ incredibile l’atteggiamento dei ragazzi davanti alla televisione” si meraviglia Lucy Hughes, “guardano la pubblicità con estrema attenzione…Quanta gente lo fa? Tra i genitori probabilmente una percentuale ridottissima, marginale”. Scegliere come bersaglio i bambini assume dunque notevole rilevanza in un’ottica di marketing, poiché consente agli inserzionisti di aggirare gli adulti, più smaliziati nel rapporto con i media, e sfruttare il considerevole potere persuasivo che i figli esercitano sui genitori.
(…)
“i bambini in età evolutiva non hanno piena consapevolezza degli scopi persuasivi della pubblicità e, in effetti, ne prendono per veri i contenuti. Non solo: quelli più piccoli, fino agli otto anni, non riesono a distinguere la pubblicità dalla normale programmazione televisiva”.

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