Dalla conferenza di Alex Zanotelli interessanti stimoli per comprendere la situazione mondiale attuale e le possibilità di intervento di ognuno
Un gran numero di persone ha accolto con entusiamo Alex Zanotelli, missionario comboniano attivo per molti anni in Kenja, il giorno 9 gennaio 2004 presso la Biblioteca Comunale di Grottaferrata. Nella conferenza, organizzata da “Idee in Movimento”, padre Zanotelli ha esordito parlando dell’importanza dell’incontro concreto con l’altro, del suo “mistero”: “tu sei le persone che incontri”. Proprio per questo ha immediatamente rimarcato che “con la permanenza del contingente italiano in Irak, e con la continuazione della guerra, c’è un’intera umanità perduta senza che nessuno abbia ragione o torto. Ma se le guerre globali sono fatte con la pretesa di esportare le nostre democrazie, già un liberale come Popper denunciava come antidemocratico uno degli strumenti principali di formazione del consenso, la televisione. Ora i linguaggi della comunicazione si basano sull’uso della programmazione neurolinguistica, uno strumento di controllo mentale…”
Zanotelli, dopo essersi laureato in teologia a Cincinnati (USA) nel 1964 per otto anni è stato in Sudan, da dove viene allontanato per la sua solidarietà con il popolo Nuba. Dal 1978 ha diretto la rivista “Nigrizia”, con l’impostazione di una “critica radicale al sistema politico economico del Nord del mondo”; nell’87 deve lasciarne la direzione per pressioni politiche e vaticane. Il suo lavoro si concentra quindi a Korogocho, baraccopoli attorno Nairobi, capitale del Kenja, continuando ad occuparsi anche di critica dell’economia globalizzata, con puntuali denunce delle questioni finanziarie legate al traffico delle armi e alla cooperazione allo sviluppo “predatoria”. Queste cose le vede quotidianamente per tredici anni a Korogocho (confusione), “l’inferno dove sta Dio”.
“A Najrobi su 4 milioni di abitanti il 70% vive in baraccopoli, dove il 55% vivono accatastati nell’1,5% del totale della terra, e non sono di loro proprietà neppure le baracche dove vivono, in numero di 100.000 e dimensioni 3 per 4, con un cesso (non un bagno) ogni 40 famiglie. L’acqua è rivenduta da questi a quelli che non vivono neppure in una baracca, fra la polvere e il fango, sotto la linea fognaria. Il 55% è anche sieropositivo, e le bande armate dei tredicenni imperversano.. Di tutto ciò ne soffre principalmente il corpo della donna. Di fronte c’è una collina formata da rifiuti, e gente che vive nella discarica grattando, un covo di criminali e prostitute: dandogli fiducia, è nata una cooperativa”. Zanotelli in quello che ha chiamato il “battesimo di Kogorocho” cerca di cogliere il significato esenziale del battesimo cristiano, “togliere le squame dagli occhi”, purificare lo sguardo, e vincere anche il senso d’assurdo e d’impotenza così tipico della nostra epoca. Ricordando il vertice del WTO a Cancun in Messico dello scorso settembre, fallito anche perché i paesi africani, stanchi di recitare il solito ruolo passivo e subalterno, hanno avuto il coraggio per la prima volta di abbandonare le trattative in corso non sentendosi più rappresentati, Zanotelli afferma in maniera decisiva che “per comprendere l’Africa, occorre superare il vocabolario coloniale, e considerare anche che allo schiavismo europeo si è aggiunta la tratta araba-musulmana, con il contributo degli stessi africani. Se l’Africa non ha bisogno di elemosine, paga la globalizzazione per tutti e prima degli altri. C’è un’Africa che non è povera, un “polmone antropologico” con centinaia di popoli, ed una singolare e diffusa tensione monoteistica, mentre già la civiltà faraonica fu espressione della cultura africana, e recenti studi di genetica hanno riscontrato che il DNA umano ha avuto origine da un’unica coppia dell’Africa orientale. Eppure, l’Africa ha l’1% del PIL mondiale, e con il trattato AGOA gli USA tentano “l’opportunità” di inglobarla nel mercato, facendo leva sulla presenza finanziaria in Sudafrica. Guerre dimenticate come quella in Ruanda, con 16 milioni di rifugiati, e quella in Congo, con 4 milioni di morti in tre anni, sono decise da una vasta rete che coinvolge paesi come il Belgio e il Kazakistan e le borse mondiali, per ottenere minerali diventati indispensabili per le esigenze delll’hi-tec come il coltan: questione inoltre sottoposta a rigido silenzio stampa." "E’ l’occidente ad obbligare a questa rovina. Dove la II Guerra Mondiale ha fatto 50 milioni di morti, il Nuovo Ordine Mondiale ne fa attualmente 40 milioni l’anno. Inoltre la NATO ha modificato il suo statuto, per diventare strumento di conquista, con l’assurda invenzione della guerra preventiva cadono i diritti internazionali, e obbliga gli eserciti nazionali all’adesione, percependo persino un ”ecclesiastico” 8 per mille. Per gli accordi di Kyoto è ormai troppo tardi, e sono troppo poco, e se le cose continuano così, ci saranno, secondo i dati del World Watch, e della conferenza di Milano, 50 anni ancora, e poi il mondo potrebbe davvero cominciare a morire. In quelle che già Fromm, un ebreo ateo, chiamava “società necrofile”, gli uomini sono ridotti a cose prive di relazione, ad un popolo di consumatori e crocefissori, dove le croci erano lo strumento terroristico dei romani, le loro bombe a grappolo. L’anima della globalizzazione è stata rubata dalla finanza internazionale, per cui tutto è business, tutto è fame, come nella privatizzazione dell’acqua, che nega sia bisogni che diritti fondamentali. La finanza non esiste, è pura speculazione di una cupola di 300 famiglie che con la Banca Mondiale decidono tutto, dove tre famiglie di queste hanno i soldi di 600 milioni di persone: di 40 nazioni africane. Questi soldi servono per le armi, che mantengono il privilegio di pochi, e Rumsfeld lo dice apertamente, mentre 500 miliardi di dollari vengono spesi per la guerra. E’la guerra vera è contro i poveri, dove da Reagan in poi si realizza anche il monito di Eisenhauer per cui un nuovo pericolo per l’America poteva venire solo dall’interno, dall’apparato militare industriale: il quale dopo il crollo del muro di Berlino ha saldato i sui legami con la finanza, le imprese e con la stampa, e dopo l’11 settembre ha creato il nemico islamico e una condizione di guerra permanente. Intanto sulla “globalizzazione della povertà” possiamo fare i conti pensando che mentre c’è davvero gente che muore di fame, una vacca europea ha tre dollari, una americana cinque, una giapponese sette.”
L’approfondimento di un fatto menzionato verso la fine della conferenza può aiutare a precisare il discorso, e a comprendere come il “sud del mondo” si estenda anche al Medio oriente. La costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) con i suoi 1.760 Km collegherà il Mar Caspio con il Mediterraneo, partendo dall’Azerbaijan, attraversando la Georgia e sfociando in Turchia, con elevatissimi rischi ambientali e sociali su aree già in guerra: le zone kurde e, soprattutto, la Cecenia. Le conseguenze per la popolazione locale sarebbero pessime, con l’esproprio della terra, senza diritto a un rimborso, a 30.000 contadini che se la trasmettono da secoli. Nel finanziamento dell’oleodotto è coinvolta la Banca Intesa, i cui amministratore delegato Corrado Passera e presidente Giovanni Bazoli sono stati oggetto da parte dello stesso Zanotelli di una lettera di dissuasione sul coinvolgimento del loro istituto. Questo vuole suggerire Zanotelli, che, inoltre, ha vinto un’azione di boicottaggio contro la Del Monte-Kenja, responsabile di cattivo trattamento verso i dipendenti, ha criticato la legge Bossi-Fini perchè concepisce gli immigrati non nella dignità di persone ma come semplice forza-lavoro, e ha svolto le sue attività anche al Rione Sanità di Napoli: bisogna rendersi conto delle responsabilità collettive e delle possibilità d’intervento di ognuno, perché l’impegno non è fatto di parole ma di comportamenti concreti e socialmente responsabili, quali spesa, risparmio e investimento, così come concrete sono le operazioni economiche e finanziarie con cui si devasta il pianeta, che avvengono sostanzialmente dietro il nostro inconsapevole consenso. La consapevolezza è alla base dell’azione che ci permettere di mettere in moto i cambiamenti di cui la nostra epoca ha bisogno, e occorre farsi carico di questo potere: in altri termini, mettersi in grado di smascherare il pensiero unico e la spoliticizzazione dell’economia, e agire politicizzando quei comportamenti economici che sono capaci di promozione sociale e che rompono l’omogeneità dei mercati decisa dalle multinazionali.
Sostanzialmente, si tratta di non far girare il denaro dove si crea povertà, in pratica di eliminare ciò che è superfluo per noi e dannoso per gli altri (e spesso anche per noi stessi), con il boicottaggio puntuale, sistematico e generalizzato di specifiche aziende e istituti di risparmio, in un riorientamento complessivo delle nostre abitudini. Prosegue Zanotelli, che veste con croci colorate, maglie indiane e sciarpe sudamericane non perché seguace di qualche moda passata, ma per “attivo sostegno a realtà economiche e culturali diverse”: “se le decisioni le prende l’economia, iniziamo a cambiare il nostro stile di vita e consumiamo in modo critico: quando siamo all’interno degli ipermercati, queste nostre moderne cattedrali, occorre rendersi conto dell’equivalenza fra voto e consumo”, e ci avverte: "lo scandalo Enron e Parmalat sono solo l'inizio..." In fatto di investimenti pubblici “non serve il ponte di Messina, ma un altro binario sotto Roma”, mentre “l’energia solare è già pronta, in Italia più che in altri paesi che attualmente la adottano”. “Se ora viviamo al di sopra delle nostre possibilità avendo perso la gioia, occorre semplicemente godersi la vita, e creare un’altra cultura. Praticare la non violenza attiva, perché le armi divengano tabù.. Far cadere l’adesione al sistema: difficile, perché l’uomo ama la schiavitù.” Per cominciare, padre Zanotelli suggerisce una sorta di esercizio spirituale “laico”: prendere tempo per riflettere, “realizzare il silenzio”, e riscoprire il volto proprio e del “fratello”, la dignità umana, nella “convivialità delle differenze”.
|