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CLAMOROSO: Arafat e Castro sono tra i piu' ricchi del mondo
by Usa Forever Saturday, Aug. 02, 2003 at 12:24 PM mail:

A USO E CONSUMO DEI NO GLOBAL CHE CREDONO A QUESTI SQUALLIDI DITTATORI

Comunisti crescete e pensate con la vostra testa Ecco cosa sono i vostri paladini dei popoli. DEI LADRI



Gli orchi che affamano i bambini sono loro: Saddam, Arafat e Fidel. E stavolta non si scappa, perché lo dice la rivista Forbes, quella che sa fare i conti in tasca al mondo intero. Non i bombaroli guerrafondai, non gli amici di Bush. Ma un giornale al di sopra di ogni sospetto, che anche quest’anno, come ogni anno, fa la lista dei regnanti più ricchi di tutti. E l’evidenza è tutta lì: tra il terzo e l’ottavo posto, tra una regina Elisabetta e un re Fahd dell’Arabia Saudita. Lì, inchiodati alla classifica, ci sono tutti e tre: prima Saddam, con le sue nenie dell’embargo e la popolazione che muore di fame per colpa del diavolo Bush, poi Arafat, coi suoi pianti per i profughi palestinesi senza un tetto e senza pavimento, e alla fine Fidel, il cubano dell’isola “rossa” morta e sepolta dagli stenti. Insieme hanno sotto il cuscino qualcosa come due miliardi e quattrocento milioni di dollari, e se volessero potrebbero comprarsi da soli l’80 di tutta la Fiat.

Il più ricco è proprio quel Saddam che da più di dieci anni piange miseria. Il rais è al terzo posto a parimerito con il principe del Liechtenstein, Hans Adam II. A furia di vendere barili di petrolio sottobanco, Saddam ha racimolato 2 miliardi di dollari. Dal ’91 a oggi con quei soldi s’è fatto costruire 48 palazzi. Uno l’ha voluto tirare su per il suo compleanno, facendolo sorgere tra la polvere e i cespugli secchi. Ogni “abitazione” del raìs è costellata di ameni laghetti e cascatelle, mentre la gente non ha l’acqua potabile. Nell’aprile del ’99 gli iracheni inaugurarono il Saddamiat al Tharthar, 136 chilometri a ovest di Bagdad. Un cumulo di parchi, case, stadi, ospedali tutt’intorno alle rive di un lago artificiale, destinato agli ufficiali dell’esercito.

Intanto, negli ultimi nove anni, tramite il programma Oil for food le Nazioni Unite hanno dato all’Iraq 63 miliardi di dollari per curare le ferite della sua popolazione. Molto è stato fatto. Ma molto, è certo, è finito sui conti privati del raìs. Le stime dell’Onu parlano di un minimo di 10 miliardi di dollari. Da sommare ai 3 miliardi di dollari che Saddam rastrella contrabbandando petrolio fuori dal controllo Onu.

Con gli spiccioli, 300 mila euro appena, lo scorso novembre s’è comprato tre rarissimi orologi in platino della Parmigiani di Fleurier. Poi ha ricominciato la solfa dei bambini che muoiono: “Un milione e settecentomila, 700 mila sotto i cinque anni, da quando è iniziato l’embargo”. Dal ’91 al ’96 per gli iracheni la mortalità dei bambini sarebbe cresciuta del 50 per cento. Invece l’Onu dice che i piccoli malnutriti, da quando c’è il programma Oil for food, sono scesi dal 23 al 10 per cento. E ogni iracheno può contare ogni giorno su 2.472 calorie. Stanno ancora male, d’accordo. Ma intanto Saddam si diverte tra i pesci dei suoi acquari a Tikrit, Al Hillah, Al Azimiyah, e Al Wafa. I suoi ufficiali girano in Mercedes, e hanno stipendi in migliaia di dollari. Uno “statale” guadagna in media 3 (tre) dollari al giorno. Ma Saddam è un generoso. Parte del suo tesoro lo ha speso per l’Autorità Palestinese. 500mila dollari, per esempio, la scorsa estate sono andati ai parenti dei kamikaze che si sono fatti saltare in aria sterminando decine di israeliani. 25 mila dollari a famiglia.

Un poveraccio Arafat, rispetto a Saddam: in cassa tiene “appena” 300 milioni di dollari, dice Forbes. Infatti si posiziona “solo” al sesto posto (o quinto, se si considera che Saddam e Hans Adam sono pari). Appena dietro a lui, la regina Beatrice d’Olanda. Che però, lei, ha un popolo ben paciuto.

Saddam non è l’unico a foraggiare i conti del leader palestinese. Anche l’Occidente ci mette abbondantemente del suo. L’Unione Europea, per esempio, dal ’93 a oggi gli ha donato 1,4 miliardi di euro. Da giugno del 2001 finanzia il bilancio dell’Anp in forma diretta per 10 milioni di euro al mese. La C.E. copre insomma il 10% del bilancio di Arafat. Nelle due ultime annualità fiscali la Ue ha versato in totale 330 milioni di euro. Il resto del mondo non è da meno: 1 miliardo di euro l’anno dai diversi angoli del pianeta. L’Onu, tramite l’agenzia Unrwa sborsa infine 500 milioni di dollari l’anno.

Lui, Arafat, mette da parte. Non spende per sé: da vent’anni indossa sempre la stessa mimetica cachi e abita in quel palazzo ridotto a colabrodo da Israele. Ma i suoi soldi li conserva all’estero: sono investiti per bene in azioni e immobili distribuiti in Europa, Canada, Australia. Nel ’99 alcuni hacker riuscirono a violare la lista segreta dei possedimenti dell’Anp. Trovarono conti bancari depositati su banche svizzere, a Ginevra e Zurigo, e persino a New York. Somme minori sono conservate in Africa e in Asia.

Ha un terzo dei soldi di Arafat il rosso Fidel, e anche lui non li spende certo per l’Avana. Il leader cubano si posiziona all’ottavo posto della classifica di Forbes, con 110 milioni di dollari tutti per lui. Del suo tesoro si parla ormai dal 1976. Quell’anno venne valutato in 1.200 milioni di dollari. Fidel Castro, il comunista a un passo dall’America che dovrebbe condividere tutto con i suoi “compagni”, ha preferito investire i suoi denari comprando anche lui case in giro per il mondo. Ne ha collezionate di magnifiche in Inghilterra, Costa Azzurra, Svizzera, Finlandia, Madrid, Tanzania, Egitto e perfino a Roma. E intanto davanti alla Fao, nel ’96 urlava: “La fame, inseparabile compagna dei poveri, è figlia della diseguale distribuzione delle ricchezze e delle ingiustizie di questo mondo. I ricchi non conoscono la fame!”. Parole sante. Lo dicono anche Bertinotti e Minà, unitamente a quel mondo falso e ipocrita che ruota attorno alla sinistra italiana e non.
Vittorio Baroffio

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